Stefano Stefanini

NewTuscia – Alessandra Muglia sul Corriere  della Sera del  29 marzo ha descritto il primo processo tenuto presso  un  tribunale europeo chiamato a pronunciarsi sull’impatto del cambiamento climatico sui diritti umani, in particolare sulle morti di persone anziane a causa del caldo e dei cambiamenti climatici.

L’articolo di Alessandra Muglia descrive il governo svizzero che  siede sul banco degli imputati alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. A portarlo alla sbarra sono state le «nonne del clima», un nutrito gruppo di donne, oltre 2000, dall’Associazione elvetica Donne anziane per il Clima.

 Hanno molti anni  in più di Greta – la loro età media è di 73 anni – ma non sono meno determinate: sostengono che la politica elvetica sul cambiamento climatico sta mettendo a rischio i loro diritti umani, la loro salute e persino la loro vita. In particolare accusano Berna di non aver fatto il necessario per raggiungere gli obiettivi fissati nel 2015 con l’accordo di Parigi, chiedono che la Cedu ordini al governo di lavorare di più per ridurre le emissioni di gas serra.

È la prima volta che la Corte europea dei diritti delluomo (Cedu) si pronuncia su un caso sullimpatto del cambiamento climatico sui diritti umani. 

 Segue sei anni di battaglie senza successo attraverso i tribunali svizzeri.

Un gruppo di attivisti di Greenpeace si è posizionato fuori dai cancelli del tribunale a sostegno delle ricorrenti: 88 di loro presenti in aula con i legali a dimostrare che la Svizzera sta violando il loro diritto a vivere e godere di questa vita. Le prove alla corte includono le loro cartelle cliniche.
Una delle attiviste, Elisabeth Stern, ha dichiarato alla Bbc: «A causa del cambiamento climatico, abbiamo più ondate di caldo e le donne anziane soffrono di più. Muoiono più spesso. Non vogliamo morire prima solo perché il nostro governo svizzero non è riuscito a elaborare una politica climatica decente. Non combattiamo solo per noi, è importante che questa lotta vada a beneficio anche delle generazioni più giovani e future».

Il primo a prendere la parola è stato lavvocato del governo, che inizia affermando che la «questione climatica non potrà essere risolta con una decisione della giustizia, ma solo attraverso le azioni congiunte di tutti gli Stati, soprattutto i grandi emettitori di CO2, e del settore industriale».
Tra gli otto governi che hanno deciso di sostenere la Svizzera contro le accuse rivoltegli, c’è anche lItalia.

L’Osservatorio europeo del clima e della salute afferma che gli aumenti previsti della temperatura media potrebbero avere «gravi impatti sulla salute pubblica».Negli ultimi 20 anni, la mortalità correlata al caldo nelle persone di età superiore ai 65 anni in Europa è aumentata di oltre il 30%.

Nella strategia  rivendicativa  che si sta sviluppando su temi fondamentali per la qualità della vita dei cittadini l’Agenda Climatica di Fridays for Future Italia ha riassunto in 5 punti programmatici per affrontare la crisi climatica e sociale

“Fridays for Future” è nato per chiedere alla politica e alle istituzioni di ascoltare la ricerca scientifica, indicando che le misure per contrastare la crisi climatica esistevano, erano solo da implementare.

Nel 2020, con la campagna “Ritorno al Futuro”,   Fridays for Future Italia ha deciso di presentare le soluzioni più opportune per i giovani,  di fronte all’incapacità della politica di agire in modo efficace.

Quel documento per i giovani di   “Fridays for Future Italia” è ancora in gran parte valido. “Ci troviamo in un momento di profonda crisi dei partiti e delle istituzioni . La partecipazione alla vita politica è ai minimi storici: l’unico momento in cui ci viene chiesto di esprimerci sono le elezioni. Arriviamo in cabina elettorale come davanti a una vetrina da cui scegliere il prodotto che più ci convince, già confezionato.

Lastensionismo in aumento delle ultime consultazioni elettorali lancia un segnale, ancora una volta i partiti non stanno centrando il bersaglio, si fanno tante promesse ma mancano risposte serie ai problemi più urgenti: crisi climatica, disuguaglianze, salari bassi e lavoro insicuro, accoglienza, disparità, etc.

Promettono di occuparsi di un fantomatico “domani”, mentre le crisi imperversano già oggi. Si parla di gas come fonte di transizione, rimandando ancora una volta le soluzioni.

La crisi climatica è un fenomeno globale che si manifesta però a livello locale. Secondo lo slogan «Think global, act local», dobbiamo rivolgere lo sguardo verso quella grande fetta della popolazione che ricerca con fatica il suo diritto alla partecipazione attiva ogni giorno, per restituire il potere decisionale alle comunità territoriali e alla società civile.

Fridays for Future Italia”: Presentiamo quindi le nostre proposte su 5 temi, attuabili nellimmediato futuro, che avrebbero un enorme impatto nellaffrontare la crisi climatica e sociale in Italia ed in Europa .

Non sono proposte esaustive: esistono molti altri ambiti, interconnessi tra loro, che si dovrebbero affrontare.

Molti di essi sono presenti in Ritorno al Futuro: il settore agroalimentare, i MAPA (Most Affected People and Areas) del mondo e del nostro Paese, leconomia circolare, la gestione dei rifiuti, la tutela del territorio, solo per citarne alcuni.

La crisi climatica è estremamente complessa e tocca ogni ambito economico e sociale.

Ma non ci si può nascondere dietro alla complessità, usandola come scusa per rimandare l’implementazione delle misure necessarie. Per questo vogliamo partire da queste proposte, con la consapevolezza che devono essere solo il punto di partenza.

Energia, un tema qualificante per i giovani di Fridays for Future Italia”.

Per una transizione energetica compatibile con il contenimento dell’aumento della temperatura globale sotto gli 1.5 C°, è necessario procedere alla conversione di tutto il settore energetico alle fonti rinnovabili con un tasso di riduzione delle emissioni superiore al 10% annuo.

E’ perciò necessario vietare qualunque nuovo progetto legato alle fonti fossili, con una attenzione rivolta alle industrie energetiche che contribuiscono al 24% delle emissioni italiane, e ridurre progressivamente il loro utilizzo fino ad azzerarlo entro il 2035.

Ciò comprende i nuovi progetti di rigassificatori, gasdotti o qualunque infrastruttura fossile prevista a livello nazionale o dai più recenti piani energetici europei.

A questo scopo è imperativo procedere anche alla conversione dei sussidi ambientalmente dannosi, accresciuti durante la crisi energetica, nell’arco di pochi anni, così come introdurre vincoli annui stringenti per la produzione da fonti fossili per tutte le aziende energetiche.

Inoltre, è necessario coordinare a livello nazionale la pianificazione di interventi di efficientamento e di sufficienza energetica in tutti i settori chiave per una contemporanea riduzione dei consumi.

Pianificazione di 8000 comunità energetiche per auto-produzione locale del 50% di energia elettrica.

Ci troviamo in momento cruciale, in cui è necessario costruire un nuovo modello energetico basato sulle energie rinnovabili, in gran parte decentralizzato, flessibile e di proprietà della comunità.

L’energia comunitaria è un modo pratico per affrontare le molteplici crisi sistemiche di oggi. Con l’energia nelle mani delle persone e delle comunità possiamo affrontare le sfide climatiche, ecologiche e sociali collettivamente e in modo complementare. L’energia comunitaria rivitalizza l’economia locale, facilitando il raggiungimento di questo obiettivo.

Al centro della nostra proposta si colloca la CERS (comunità energetica rinnovabile solidale). Se ne dovranno creare una per ogni Comune nei prossimi 6 anni, con una potenza media di 10 MW.

Dovranno essere finanziate pubblicamente attraverso i Comuni, ma la loro gestione è da affidare ai cittadini e alle cittadine, con associazioni o cooperative da formare in maniera partecipata.

Per la loro realizzazione è necessario riformare i gestori pubblici dell’energia e definire norme sui rischi di frammentazione dei mega progetti, per evitare una concentrazione eccessiva di progetti sul territorio.

Le comunità energetiche avrebbero molteplici benefici: abbassamento dei costi dell’elettricità, creazione di posti di lavoro, sviluppo delle tecnologie rinnovabili, promozione di comunità resilienti, rafforzamento del tessuto sociale, riduzione dei consumi energetici e delle emissioni (circa 200 Mton di CO2 in 6 anni), riduzione, attraverso l’autoconsumo, del fabbisogno della rete elettrica in termini di trasporto e distribuzione dell’energia, democratizzazione e decentramento del sistema energetico.

Costo annuo medio comunità energetiche: 15-20 miliardi.

Tassa del 100% sugli extra-profitti delle aziende e tetto ai prezzi dell’energia non domestica.

Dati gli attuali extra-profitti del settore energetico, chiediamo di tassarli al 100% e di imporre anche un tetto ai prezzi. Entrambe le misure saranno funzionali alla lotta all’inflazione che ha tuttora come suo volano principale il costo dell’energia. La tassa genererà un gettito complessivo per la stima di maggio (MEF) di 40 miliardi, che potrà essere usato per sostenere le famiglie.

La tesi secondo cui l’aumento dei costi è dovuto all’aumento delle materie prime, ma soprattutto all’aumento dei costi dell’energia, è insufficiente: la maggior parte dei contratti sul gas è a lungo termine, quindi la quota dovuta ai costi spot è molto minore rispetto ai guadagni ottenuti durante la crisi energetica.

Il tetto dei prezzi risulta invece necessario per garantire al settore non domestico costi accessibili nel medio periodo, abbassare l’inflazione e arginare la speculazione, che ha portato ulteriori rincari sui costi finali dell’energia. Si deve infatti riconoscere che l’aumento dell’inflazione non è stato guidato da un mercato del lavoro surriscaldato, ma da margini di profitto aziendali più elevati e da colli di bottiglia della catena di approvvigionamento.

Al contrario, aumenti molto rapidi e bruschi dei tassi di interesse non sono probabilmente necessari per frenare le pressioni inflazionistiche a medio termine.