Tiziana Agnitelli
NewTuscia – Affezionati/e alla Graforubrica un mio amico giornalista, a gennaio, mi ha chiesto di analizzare e valutare la grafia di Massimo Giuseppe Bossetti inviandomi alcuni suoi scritti dal carcere. Ebbene inizialmente osservando la sua scrittura ho avuto una sensazione di fastidio dovuta al fatto che utilizzando lo “script” con un tratto pastoso e punteggiatura calcata non mi ha fatto simpatia, anzi proprio il contrario. Ma essere una grafologa professionista vuol dire analizzare con equilibrio e pacatezza anche ciò che inizialmente non ci piace, valutando che ogni persona è un crocevia di tanti aspetti; pertanto decisi di accantonarla per un po’. Fino ad oggi.
Il nostro uomo si avvale di questa scrittura che ricalca i caratteri tipografici sia per non svelare la sua vera identità (la sua firma è incomprensibile, dinamica con tratti aggressivi), sia per esigenza di chiarezza e di originalità. Chiarezza nel messaggio ed enfasi che esprime anche nel porre alcune parole in maiuscoletto e con sottolineatura.
Certamente non è una personalità semplice.
Apparentemente cerca di dare al “mondo” e agli “altri” questa informazione di semplicità, anche un po’ naif, ma dentro di sé è un magma vulcanico che bolle (tratto pastoso, calcato, con allunghi inferiori che toccano i superiori con movimento barré ed ansia aggressiva che si “rivela” nella forma della punteggiatura dove il controllo dell’IO è più sfumato).
Chi è realmente Massimo Giuseppe Bossetti?
A questa domanda risponde lui stesso scrivendo: combattivo e tenace fino all’ostinazione (le lettere t a croce e le barrette che vanno verso il basso, presenza di ganci ed uncini), si “aggrappa” alla sua verità (allunghi inferiori e superiori che si toccano) e in questo lo sostiene la sua rapidità di pensiero e di reazione, nonché intraprendenza di spirito e semplificazione delle situazioni (tenuta del rigo progressiva, movimento à barré, lettere l stilizzate). Soffre per un sentimento di inferiorità che cerca di compensare (presenza di gonfi, di archi e sospensioni) come meglio può, a volte “inventando”, altre volte “improvvisando”, ma sempre con questa forma originale di porsi: gradevolmente caparbia al limite dell’aggressività (curvilineità e tratti angolosi miscelati sapientemente).
Il rapporto con i suoi genitori non è stato dei più semplici: raffigura graficamente la figura paterna “debole e insincera” mentre la figura materna “indipendente e fredda”. Molto probabilmente non ha avuto da piccolo ciò che voleva in termini di affetto e sostegno. E questo in qualche modo ha segnato il suo mondo affettivo e sessuale: ama il piacere e la sensualità, ama sedurre, sempre accogliendo e ricercando il “nuovo”, anche in modi anticonformisti ed indipendenti (lettera a à rebours, accumuli di inchiostro in contesto grafico seducente). Ciò che ha colpito la mia attenzione è il “simbolo” che ripete per quanto riguarda la femminilità, una femminilità che rappresenta come un palloncino che è lieve e gli dona gioia, ma che può diventare anche un chiodo fisso che non gli dà pace (modalità formativa delle lettere f e a).
Osservando molto bene la sua firma e la sua scrittura non metterei la mano sul fuoco sulla sua “innocenza”, nella sua apparente semplicità nasconde una complessità profonda e dai mille volti. In Italia la giustizia è tema delicato, ma c’è un’altra giustizia che è tema più naturale, quella di vita. E come diceva Cicerone: “non può essere veramente onesto ciò che non è anche giusto”.