di Diletta Riccelli

NewTuscia – BEIRUT – Oggi, 15 marzo 2023, sono trascorsi 12 anni dallo scoppio della guerra civile in Siria. Un paese devastato dalla crisi economica, da perdite umane sempre più ingenti e da un’insicurezza alimentare che coinvolge circa il 60% della popolazione. È complesso comprendere le motivazioni che portarono allo scoppio del conflitto ma la data del 15 marzo 2011 è cardinale: il governo siriano, guidato dall’allora Presidente Bashar al-Assad, ha assistito ad una serie di proteste senza eguali, a favore della democrazia nel Paese. Proteste duramente represse e che poi si sono tramutate in un conflitto sanguinario.
La conta delle perdite umane, lo scorso anno, si aggirava attorno alla cifra record di mezzo milione. Quasi una persona su 13 era un bambino.

 

 

I profughi prodotti dalla guerra si sono poi riversati nei paesi limitrofi quali Turchia che ne accoglie il maggior numero, Giordania, Iraq e Libano. Quest’ultimo, secondo le autorità ne conta circa 2 milioni e vengono considerati dai governanti libanesi e da gran parte dell’opinione pubblica una delle cause principali della crisi socio-economica del Libano, dal 2019 è alle prese con un default finanziario senza precedenti. Una situazione economica davvero precaria quella del piccolo paese mediorientale che ha visto lo scorso anno tensioni al confine dove ormai ci si uccide per un pezzo di pane. Abdallah Bou Habib, ministro degli Affari esteri libanese in una conferenza stampa risalente al 2022 si è lasciato andare ad un’amara considerazione: “In assenza di una road map europea per la fine dell’esodo siriano in Libano, non accetteremo di collaborare con l’Europa nel tenere con noi gli sfollati (rifugiati siriani)”. E così il governo si è adoperato per un rimpatrio progressivo di 15.000 rifugiati al mese, nonostante il nemmeno tanto celato avvertimento delle organizzazioni internazionali che si sono professate contrarie alla manovra. Contrari dopo aver registrato le violazioni a cui è stata sottoposta una gran parte di persone precedentemente rientrate in Siria.

Una lotta tra situazioni disperate quella che vede i due paesi protagonisti. La lira libanese nel corso degli ultimi tre anni ha perso più del 98% del suo valore nel contesto del fallimento del sistema bancario libanese, per decenni considerato tra i più stabili al mondo. Agghiaccianti anche i dati ONU dove si stima che l’80% della popolazione libanese viva in condizione di povertà. Disordini e tentati assalti alle banche hanno fatto si che la soglia dell’attenzione delle forze dell’ordine sia cresciuta esponenzialmente. Quel che è certo è che un paese come il Libano non ha probabilmente i mezzi per gestire un’ondata così ingente di profughi siriani.