di Diletta Riccelli

NewTuscia – TBILISI – Sono ormai note a tutto il mondo le proteste succedutesi negli ultimi giorni a Tbilisi, capitale della Georgia. Proteste contro il controllo sempre più asfissiante di una Russia che sta mettendo a dura prova la pazienza dell’intero Vecchio Continente. Causa delle manifestazioni, come più spesso ribadito, è la cosiddetta “legge sugli agenti stranieri” che stava per indirizzare il Paese verso una repressione sempre più dura e verso una conseguente libertà di stampa limitata. Del resto, geograficamente parlando, la Georgia è isolata e quel confine con la Russia si palesa sempre più minaccioso, memore forse dell’attuale conflitto fra il gigante e l’Ucraina. Il movimento di protesta è stato innescato dall’adozione in prima lettura di un disegno di legge che prevede l’obbligo per Ong e media che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero di registrarsi automaticamente come “agenti stranieri”, pena una sanzione pecuniaria.

 

Secondo i detrattori, il testo si ispira a una legge simile che esiste in Russia, dove il Cremlino la utilizza per reprimere la stampa indipendente, le organizzazioni per i diritti umani e gli oppositori.
Quello che però risulta singolare nell’assetto politico e geografico è senza dubbio la regione separatista dell’Abcasia.
Un piccolo territorio incastonato fra la Georgia e la Russia, l’Abcasia lotta dal 1992 per la propria indipendenza dalla Georgia. Un violento genocidio svoltosi nel triennio 1991-1993, ha visto la morte di circa 30’000 georgiani (secondo fonti non ufficiali) per mano dei separatisti abcasi.

Ad oggi, questa repubblica del Caucaso è riconosciuta da alcuni membri ONU come la Russia e il Venezuela e da alcuni stati non membri come la Transnistria e la Repubblica dell’Artsakh. Non esistono voli, né navi per Sukhumi e la maggior parte del sostegno economico di questo piccolo lembo di terra bagnato dal Mar Nero, viene da Mosca dove l’annessione al vecchio gigante sovietico è un fantasma nascosto dietro l’angolo. Esistono poi degli accordi intestatali fra Russia e Abcasia sulla difesa congiunta, che prevedono, ad esempio, un raggruppamento comune di truppe in caso di minaccia militare.Essenzialmente un angolo di Europa abbandonato a sé stesso dal passato travagliato, dove la crescente disoccupazione ha portato ad uno spopolamento radicale e dove in alcune zone si contano piccoli villaggi costituti da una popolazione in numero davvero esiguo.

E ora che la minaccia russa si fa sempre più pressante viene da domandarsi quale sia il destino di questa regione e se non sia tristemente associabile a quella della Transnistria così duramente schiacciata da pressioni moldave e russe.