NewTuscia – Le opzioni a disposizione delle coppie che vogliono divorziare sono due: procedere con un divorzio a domanda congiunta, che prevede il sostanziale accordo fra i coniugi riguardo le condizioni del divorzio, oppure intraprendere la via giudiziale. Quest’ultima è la soluzione più dispendiosa dal punto di vista economico, senza contare che richiede tempo ed energie in misura decisamente maggiore. Purtroppo non tutti i matrimoni finiscono in maniera consensuale, e ogni anno sono tante le coppie che si imbarcano nel complesso processo del divorzio giudiziale perché l’unica via d’uscita sembra essere quella di affidare a un giudice le decisioni sul divorzio. In questo articolo si fornisce una panoramica sul divorzio giudiziale in Italia, dall’avvio della procedura ai tempi e ai costi che questa comporta.

Il “divorzio breve”

Il divorzio è stato oggetto di numerosi decreti legge negli ultimi anni. La riforma più importante è stata quella apportata dalla legge n. 55 del 6 maggio 2015 sul cosiddetto divorzio breve, che ha dato il via libera alla riduzione dei tempi di attesa fra la separazione legale e la possibilità di richiedere il divorzio. La tempistica varia in base al tipo di separazione scelto: in caso di separazione consensuale si può fare domanda di divorzio dopo 6 mesi, in caso di separazione giudiziale dopo un anno.

La domanda di divorzio: quali documenti servono?

In caso di divorzio giudiziale, è soltanto un coniuge ad avviare il procedimento, senza l’accordo dell’altro. L’avvocato della parte che presenta il ricorso si occupa del deposito dello stesso in tribunale, questo contiene le varie richieste alla base della domanda di divorzio e deve essere accompagnato dalla seguente documentazione:

  • atto integrale di matrimonio o l’estratto per riassunto;
  • certificato di residenza (necessario per stabilire la competenza territoriale del giudice che si pronuncerà sul divorzio);
  • stato di famiglia, dal quale dovrebbe risultare che i coniugi non vivono più sotto lo stesso tetto;
  • dichiarazione dei redditi degli ultimi 3 anni, documento particolarmente importante per le questioni relative all’assegno divorzile e al mantenimento dei figli;
  • copia del verbale di separazione (che nel caso della separazione giudiziale coincide con la sentenza del giudice, mentre per la separazione consensuale basta il provvedimento di omologa);
  • copia di un documento di identità e del codice fiscale.

La risposta al coniuge ricorrente

Dopo che il ricorso è stato depositato in tribunale, si fissa il termine entro il quale l’altro coniuge deve ricevere notifica del ricorso. È stabilito che debba trascorrere un lasso di tempo significativo perché questi abbia modo di redigere una memoria difensiva. Quest’ultima rappresenta una sorta di “risposta” al coniuge ricorrente, dove si espone il proprio punto di vista e i fatti a sostegno delle proprie richieste. Per la redazione della memoria difensiva è necessario il supporto di un legale che possa esplicitare gli elementi di diritto alla base delle richieste (spesso un avvocato divorzista offre anche consulenze online, come questo studio legale di Roma). Inoltre, la presenza di un avvocato è fondamentale perché durante il processo il giudice partirà proprio dalle indicazioni contenute nel ricorso e nella memoria difensiva per prendere le sue decisioni.

L’udienza presidenziale

Il primo incontro in Tribunale, al quale i coniugi partecipano accompagnati dai propri avvocati, è chiamato udienza presidenziale. Il Presidente del Tribunale è chiamato a effettuare un tentativo di riconciliazione, che di solito ha una valenza per lo più formale, raramente si conclude in positivo. Il Tribunale si pronuncia allora sui provvedimenti provvisori e urgenti riguardo le questioni più importanti come l’affidamento e il mantenimento dei figli, laddove presenti, o l’assegno di divorzio.  Questa prima “sentenza” serve ai coniugi per avere modo di organizzarsi perlomeno per quanto riguarda le cose più importanti della vita quotidiana; ad ogni modo, tutte le decisioni prese in questa fase potranno poi essere riviste nella sentenza di divorzio definitiva. A volte, su richiesta dei coniugi, viene emessa una sentenza parziale di divorzio con cui il Tribunale effettua lo scioglimento del matrimonio; in tal caso i due coniugi possono riacquistare lo stato libero.

La fase istruttoria

Terminata la prima fase, la causa prosegue davanti al giudice istruttore e infatti questa seconda fase viene chiamata istruttoria; la sua funzione è quella di trattare tutte le questioni non ancora risolte tra i coniugi ed eventualmente modificare i provvedimenti erogati nella fase presidenziale. In questa fase il giudice può assumere i mezzi di prova per adottare provvedimenti riguardanti i figli minori e disporre indagini sui redditi per accertare il valore dei patrimoni dei coniugi, anche avvalendosi della polizia tributaria. Si capisce, dunque, che in questo scenario i tempi del divorzio possono allungarsi in maniera significativa a seconda della complessità del caso, ed è per questo che una causa di divorzio può durare anche anni.

La sentenza di divorzio

Al termine della fase istruttoria, la causa viene rimessa al Tribunale in composizione collegiale. Si arriva così alla sentenza di divorzio definitiva, nella quale si definisce la cessazione degli effetti civili del matrimonio e i seguenti aspetti di natura patrimoniale e personale:

  • l’affidamento, il mantenimento e la collocazione dei figli;
  • l’assegno divorzile;
  • l’assegnazione della casa coniugale;
  • eventuali altre questioni personali e patrimoniali (il trasferimento della proprietà di un bene, il mantenimento del cognome del marito da parte della moglie ecc.).

I tempi di una causa di divorzio hanno molto a che vedere con il grado di conflittualità tra i due coniugi e il carico del lavoro del Tribunale. In generale, una causa di divorzio giudiziale potrebbe anche superare i 2 anni.