NewTuscia – VITERBO – Da giorni si susseguono freneticamente notizie riguardo l’eventualità di far divenire Viterbo il terzo scalo aeroportuale del Lazio. In tal proposito si è ieri pronunciato Fabio Notazio, già assessore alla cultura del Comune di Montefiascone e responsabile per la Lega del progetto “Aeroporto di Viterbo” dichiarando: «Viterbo si fa preferire a Frosinone e anche a Latina per una serie valida di ragioni. In base allo studio effettuato dall’Iccsai, che ha analizzato più possibili scenari di sviluppo del traffico passeggeri in relazione alle possibilità di assorbimento della domanda da parte degli attuali scali del Lazio, si evince che la scelta di Viterbo come terza aerostazione regionale, ufficializzata dal ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi lo scorso novembre, è la migliore rispetto alle ipotesi Frosinone e Latina.”
Sicuramente un’occasione d’oro per la città di Viterbo che si sta affacciando timidamente al turismo di massa e che purtroppo risulta ancora carente per quanto riguarda le infrastrutture, i trasporti e l’accoglienza dei turisti. Quello che però sfugge ai più è che nel lontano 2018 delle intercettazioni intercorse tra l’ex senatore Armando Siri e l’imprenditore siciliano Paolo Arata, avevano come protagonista proprio lo scalo viterbese.
Un’indagine delicata che vide il coinvolgimento di sette indagati: cinque persone fisiche e due società. L’accusa ricadde, oltre che su Siri e Arata anche su Paolo Iaboni e Simone Rosati, di Leonardo Spa, Valerio Del Duca e sulle società Etnea srl e Solcara srl. Il pm Mario Palazzi, incaricato di eseguire le indagini, contestò a Siri due episodi distinti, tra cui uno riguardante la città di Viterbo. Secondo l’accusa, l’ex senatore, si sarebbe attivato “per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse anche in misura minima, il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse della Leonardo Spa, per future commesse”.
Siri avrebbe quindi ricevuto indebitamente “la promessa di ingenti somme di denaro (per il tramite e in parte destinate anche agli intermediari Arata, con legami personali ed illeciti con lo stesso Siri e lo stesso Del Duca) e comunque la dazione di 8 mila euro, anticipate da Del Duca e Rosati che avevano programmati di riottenere tale provvista, pur non riuscendo nell’intento, mediante il pagamento da parte di Leonardo Spa, di una fattura emessa da una società”.
L’origine delle indagini però, aveva dei risvolti ben più oscuri e sicuramente attualissimi giornalisticamente parlando: il rapporto tra Arata e Vito Nicastri, imprenditore di Alcamo tra i più importanti in Italia nel settore delle energie rinnovabili. Con l’affettuoso nomignolo di “Signore del vento” Nicastri per gli investigatori dell’antimafia era un prestanome di Matteo Messina Denaro. Anche Totò Riina confermò questa ipotesi dicendo: “Questo signor Messina è fissato con questi pali della luce”. Si trattava di pale eoliche. Matteo Messina Denaro aveva intuito da tempo che l’eolico costituisse un gran bell’affare. Non a caso, secondo alcuni pentiti, sarebbe stato proprio Nicastri a finanziare la latitanza del capo mafia.
É quindi intuibile quanto le storia riguardante un possibile ampliamento dell’aeroporto viterbese con conseguente destinazione a voli civili, sia nebulosa. E quanto ora sia appetibile, in pieno periodo pre-elezioni, disquisire su questa eventualità dimenticando però i retroscena più delicati e di un processo non ancora iniziato e che può rivelare ancora situazioni interessanti.
Diletta Riccelli