“Oggi è San Valentino, e come ogni San Valentino, noi che siamo innamorati di Viterbo, celebriamo l’amore per la nostra città.
Come lo celebriamo? Nell’unico modo che conosciamo: dando a Viterbo tempo, cura, dedizione, ma soprattutto iniziando a parlare di contenuti, cioè presentando progetti concreti”. Comincia così Chiara Frontini nella conferenza “all’aperto” organizzata da Viterbo2020, con alle spalle i cartelloni giganti del movimento politico che recitano “E’ ora“.
Ma è ora di cosa? “E’ ora di parlare di contenuti – spiega la leader – oggi parliamo di cultura. Lo facciamo con Alfonso Antoniozzi, che vi spiegherà cosa significa premiare la creatività dei talenti cittadini, cosa significa creare centri culturali in città e negli ex comuni. Perché lo facciamo con la cultura? Perché al centro di ognuno dei nostri contenuti, c’è e ci sarà il lavoro. Il lavoro e la creazione di lavoro saranno al centro di ognuna delle politiche pubbliche che questo gruppo intende portare all’attenzione dei viterbesi.”
Si è addentrata poi, per introdurre Antoniozzi, più nel dettaglio del discorso culturale: “Vogliamo iniziare dalla cultura perché è la Cenerentola dell’Amministrazione Comunale, è quel settore che drena fondi pubblici; e invece no, noi vogliamo dimostrare che anche con la cultura è possibile creare occupazione e nuovi posti di lavoro.”
“E’ ora di cambiare passo. E’ ora di pensare a una gestione partecipata dell’assessorato alla Cultura. E’ ora di ricordare sempre che l’assessore alla Cultura non è un impresario, ma il coordinatore dei processi culturali della città. Una delle cose che troverete nel programma è: la cultura è di tutti. – si introduce così il prossimo (probabile) candidato assessore alla Cultura. Che poi inizia a elencare – E qui ci agganciamo subito alla creazione di centri culturali in città e negli ex comuni, ovvero l’identificazione di spazi comunali liberi che possano essere dati in comodato gratuito non a una, ma a gruppi di associazioni culturali che presentino in sinergia un progetto credibile per la gestione di quello spazio. […] La creazione di questi centri significa, alla lunga, la nascita di nuove associazioni culturali. […]
E poi facciamo un’altra cosa, che esigo: i nostri spazi già identificati per fare cultura (es. Teatro Unione) devono assolutamente essere affittati alle realtà culturali viterbesi alla metà del prezzo. […]
Noi siamo la città che ha tanti satelliti (di associazioni culturali) che dialogano poco fra di loro. E i piccoli finanziamenti giunti hanno creato una situazione di ‘cane mangia cane’.”
Importantissimo, per non dire fondamentale e primario, è per Antoniozzi proprio il Teatro viterbese: “Ce lo riprendiamo. Il Teatro dell’Unione torna in gestione diretta del Comune. Ma in che modo? Con l’obiettivo di fare nel breve periodo le 80 alzate di sipario, e nel lungo periodo 120 se non 150 alzate.”
Dopo aver raccontato i modi, gli attori, le strategie e le possibili espansioni (come Ferento), sottolineando come uno sviluppo in questo senso possa portare a un aumento di richieste lavorative, conclude il discorso stretto sulla programmazione parlando del progetto di narrazione della città: “Abbiamo una storia che parte dagli etruschi e attraverso un lungo arco temporale. E’ ora di raccontarla tutta. E come pensiamo di farlo? Raccontando 5 donne, reali e fittizie, che hanno cambiato il volto della città: Galiana, Rosa, Donna Olimpia, Giulia Farnese, Giacinta Marescotti. 5 donne in 5 anni, con una programmazione che, sempre in sinergia con le associazioni culturali e invitando gente da fuori, possa raccontare a noi e a chi ci viene a trovare, la nostra città.”
Un progetto, dunque, che vuole “far esplodere il museo“, nell’ottica di far restare la gente qui per più di un giorno, sfruttando materiali e musei in maniera più decisa di quanto avvenga oggi.
“Il 5.1% del PIL italiano è mosso dal sistema cultura – spiega – ed è evidente che lanciando la vita culturale della città si creano nuovi posti di lavoro e professionalità. […] Mi piacerebbe fare una rivoluzione. L’assessorato ha le porte aperte per poter pensare insieme la città; il Comune non si chiama Comune per caso. Si chiama così perché è di tutti.”
Perché, in conclusione, un elettore viterbese dovrebbe credere in questo progetto? “Perché questa volta noi vi stiamo dicendo che puntiamo su: cultura, sviluppo e turismo, nell’ottica di creare lavoro. E se un’Amministrazione parte da queste 3 cose, significa che intende investirci sopra fette sostanziose del bilancio comunale. Sono cose possibili e reali!”
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