NewTuscia – VITERBO – Analizziamo da vicino il match contro l’Avellino, coinciso con una sconfitta al Rocchi.
Passo indietro. Ricordate quale era la parola chiave emersa il giorno dopo la partita di Terni ? Identità.
Bene, per certi versi questa identità si è vista anche ieri, quantomeno dal punto di vista agonistico.
C’è un “ma”. E il “ma” è collegato alla voce “qualità”.
Il primo tempo della Viterbese è stato molto attento, fin troppo. La squadra era corta si, ma con un baricentro troppo basso, quel baricentro basso che ha portato ad esempio Maniero a sfiorare il gol con una bordata salvata da Daga miracolosamente.
Maurizi ha scelto di non agire con le due punte “vere”, scelta che forse non ha pagato appieno : Rossi è sembrato solo, isolato e costretto a continui ripiegamenti per prendere il pallone (sempre spalla alla porta) e farsi far fallo. Era l’unica opzione possibile : non ci sono stati inserimenti dei centrocampisti, i quinti erano fin troppo bassi. Mancava perciò quella profondità che si era vista a Terni, pur rimanendo in 10 e senza il suo miglior interprete, Tounkara.
A centrocampo mancava velocità nel far girare il pallone, nonostante l’ottimo esordio ufficiale di Salandria, molto attivo in fase di interdizione e recupero palla, meno nella qualità di palleggio, con molti palloni persi.
Nell’idea di Maurizi, quella di pressare molto il portatore palla avversario nella zona di centrocampo, l’ex Catania è la persona perfetta : instancabile e fastidioso per gli avversari, una vera spina nel fianco. Partita nel complesso ottima la sua, peccato per il poco aiuto da parte dei compagni di reparto, rei di aver palleggiato troppo lentamente.
Urge in questo senso, il rientro a pieno regime di “due pezzi da 90”, vale a dire De Falco e Palermo, dotati di una qualità tecnica elevatissima per la categoria.
Nel secondo tempo la musica è cambiata : la Viterbese ha alzato di molto il baricentro, prova ne sono i numerosi palloni recuperati a centrocampo da parte di Baschirotto, anche ieri ottimo compagno di reparto di Mbende (esemplare la sua prova).
Bene Bianchi, per grinta e abnegazione.
Nonostante ciò, le grandi occasioni da gol sono latitate, tolto un rigore dubbio non concesso (che non funga da alibi però) e una giocata fantastica di Rossi che con uno stop a seguire ha “mandato al bar” il proprio marcatore, e tirato una bordata di destro in scivolata, deviata in corner da un difensore avversario.
A pochi minuti dalla fine, l’espulsione di Menghi (entrato proprio al posto di Rossi), ha fatto saltare i piani.
La squadra ha cominciato a buttare troppi palloni, mancando di tranquillità nel gestire minuti che avrebbero portato un buon pareggio.
Fatale la punizione ingenua concessa nel finale : D’Angelo ha sovrastato Bensaja e ha battuto Daga.
Peccato, due punti in due partite ostiche potevano dare fiducia.
Ma serve più qualità.