NewTuscia – VITERBO – Entra nel vivo il processo a tre dei tredici imputati arrestati il 25 gennaio 2019 dalle forze dell’ordine durante l’operazione Erostrato; Emanuele Erasmi, Ionel Pavel e Manuel Pecci, imputati di furto, danneggiamento ed estorsione aggravati dal metodo mafioso, erano stati rinviati a giudizio nel gennaio dello scorso anno.
Ieri in aula si è parlato degli incendi alle auto e delle minacce intimidatorie.
Tra il 18 e il 19 aprile 2017, prima Grotte Santo Stefano e poi a Capodimonte, nel breve lasso di tempo che con una Fiat Punto nera hanno impiegato a percorrere il tragitto che separa i due paesi, avrebbero dato fuoco a delle auto davanti alla vittima di turno presa di mira, nella fattispecie un carabiniere e il titolare di un compro oro.
La ritorsione contro il carabiniere Massimiliano Pizzi sarebbe avvenuta, stando alla sua stessa testimonianza, per lo zelo che egli metteva nel lavoro. Aveva infatti arrestato il fratello di Rebesci trovandolo in possesso di 38 chilogrammi di droga, marijuana, e aveva partecipato ad un arresto in Sardegna dove le forze dell’ordine avevano bloccato un corriere della droga partito da Viterbo con 10 chili di cocaina, indagando sui presunti traffici in cui Rebeshi si trovava coinvolto.
Secondo l’accusa, sarebbe stato Pavel a rubare la Fiat nera, in un pomeriggio a Montefiascone, lo stesso avrebbe poi partecipato a un sopralluogo davanti a casa di Pizzi il giorno prima dell’incendio alla vettura e contribuito a minacciare due romeni organizzatori delle serate da ballo per connazionali al Theatrò. Eventi poi annullati a causa del ritrovamento da parte del titolare del locale di cinque teste mozze di animali.
I due organizzatori rumeni sarebbero stati minacciati (“Io vi rompo il culo, me la prendo anche con un bambino di un anno”, avrebbe mandato a dire Rebeshi), così come due cameriere del locale: ad una è stata bruciata l’auto, l’altra è stata direttamente caricata su una vettura e portata via dal locale dopo essere stata percossa. Macchina incendiata anche per il responsabile della sicurezza.
Infine la telefonata dell’altro presunto vertice della banda, Trovato, nella quale “avvertiva” a nome del parrucchiere Pecci un cliente insoddisfatto che si era rivolto ad un avvocato, di non infastidire gente pericolosa.
Il processo proseguirà il 30 settembre.