Kateryna Palazzetti
NewTuscia – VITERBO – L’emergenza sanitaria Coronavirus oltre a modificare le nostre abitudini sta cambiando anche l’ambiente che ci circonda. Quante volte nelle giornate di quarantena passate nelle nostre case abbiamo sentito e visto le immagini e i video divenuti virali della natura e degli animali che fanno capolino nelle grandi metropoli italiane? Cinghiali che camminano indisturbati per le strade deserte delle città, delfini e cigni che nuotano nelle acque italiane e canali veneziani sorprendentemente limpidi.
Il tempo trascorso durante il lockdown riducendo al minimo gli spostamenti per contrastare il diffondersi del virus Covid-19 ha inevitabilmente ridotto l’inquinamento atmosferico prodotto dall’uomo. Tuttavia, come c’era da aspettarselo, tale riduzione non hanno avuto un impatto significativo sul riscaldamento globale e i pochi mesi di lockdown non sono stati sufficienti a ad incidere sul cambiamento climatico mondiale ma ci hanno permesse di vedere concretamente cosa potrebbe accadere con un decisivo cambio di rotta e misure atte alla riduzione dell’inquinamento per contrastare il cambiamento climatico.
A confermare tale tesi è stato uno studio portato avanti da un team internazionale con a capo il climatologo Piers Forstedall’Università di Leeds in Gran Bretagna: l’improvvisa riduzione delle emissioni di gas serra e il crollo degli inquinanti atmosferici durante il periodo della quarantena, imposto non solo in Italia ma in moltissimi paesi di tutto il mondo per contrastare la diffusione del virus Covid-19, ha avuto un impatto trascurabile sul contenimento dell’innalzamento della temperatura globale.
Gli esperti sostengono che se non verranno approvati ulteriori immediati interventi politici e strutturali non ci saranno cambiamenti in positivo anche perché alcune misure per la riduzione dell’inquinamento rimarranno in vigore solo fino alla fine del 2021; pertanto le temperature globali saranno inferiori di circa 0.01°C rispetto alle previsioni entro il 2030.
Se da una parte la riduzione dell’inquinamento durante il lockdown ha avuto un impatto trascurabile sull’aumento delle temperature dall’altro rappresenta un faro di speranza: la battaglia contro il surriscaldamento globale deve partire dalla ripresa economia e da azioni politiche climatiche improntate sul verde.
Secondo gli studiosi solo adottando tali misure si potrebbe impedire più della metà del riscaldamento aggiuntivo previsto entro il 2050 in relazione alle politiche attuali. Tuttavia se per la ripresa verranno fatte le stesse scelte che sono state prese per uscire dalla crisi finanziaria del 2008 allora la temperatura media globale è destinata ad aumentare di 1.5°C entro il 2050, mentre una ripresa verde che investe l’1.2% del PIL globale in tecnologie a basse emissioni di carbonio, ovvero una riduzione degli investimenti nei combustibili fossili, potrebbe ridurre il riscaldamento globale di circa 0.3°C.
Sebbene 1.5°C possano all’apparenza risultare pochi l’impatto che avrebbero sul clima sarebbe devastante e ci costringerebbe ad affrontare una situazione che potremmo non essere più in grado di gestire senza compromettere la nostra società.
La ricerca è stata pubblicata su Nature Climate Change (https://rdcu.be/b6bb9).