A cura dell’Avv. Roberto Rossi
NewTuscia – Hai ricevuto su WhatsApp messaggi con espressioni oltraggiose, minacce o molestie?
Intendi agire con una denuncia e, se possibile, ottenere anche un risarcimento in termini economici?
Poiché non è scontato che i messaggi costituiscano la “prova” di quanto stai affermando è necessario saper come utilizzarli in maniera corretta.
Il primo pensiero è quello di fare uno screenshot del messaggio e di stamparlo su carta, oppure memorizzarlo su una pennetta usb.
Purtroppo questo non sempre è sufficiente perché la legge considera lo screenshot come una fotocopia.
Le fotocopie però possono essere considerate “prove” solo se non vengono contestate dalla controparte. Cosa che, molto probabilmente, accadrà.
Fortunatamente la Corte di Cassazione ha mitigato tale tendenza e recentemente ha precisato che non basta una semplice e generica contestazione, ma che è necessario spiegare le ragioni di dubbio sull’autenticità dello screenshot.
Un metodo che si può aggiungere allo screenshot è quello di far leggere i messaggi a una persona che poi sia disposta a testimoniare. Il teste sarà così sentito dal Giudice. Attenzione però, non basta che il testimone riferisca di aver saputo che hai ricevuto il messaggio, deve affermare di averlo visto e letto con i propri occhi.
Ancora un’altra possibilità di utilizzare correttamente la chat è quella della trascrizione dei messaggi.
Si tratta di affidare l’incarico ad un perito che, attraverso una perizia, dopo aver esaminato il contenuto del messaggio, trascriva il testo in un documento che, diventerà “ufficiale”, con l’attestazione di autenticità da parte del Tribunale, previo giuramento del perito stesso.
(Il tecnico potrà poiessere sentito come testimone in caso di contestazione della controparte).
Un ultimo suggerimento (avallato dalla Corte di Cassazione) è quello dell’acquisizione dello smartphone.
Tuttavia, in questo caso, occorre privarsi del telefono per depositarlo alle Autorità.
Un sistema che vale la pena utilizzare soltanto in presenza di gravissime situazioni come ad esempio uno stalking concreto e reale, tale da generare il pericolo per la propria incolumità fisica.
E le emoticon?
Le faccine possono addirittura avere un ruolo decisivo, capace di determinare l’esito di un giudizio.
Lo ha stabilito recentemente il Tribunale di Parma che ha considerato i messaggi, corredati da emoticon, ancora più offensivi ed espliciti.
Le Sentenze che riconoscono al messaggio di WhatsApp il valore di “prova” sono ormai cosa comune.
Se ne riscontrano in sede di separazione o divorzio, nelle liti condominiali, nei licenziamenti, nelle prove di avvenuto pagamento, nelle comunicazioni mediche ecc.
I messaggi Whatsapp sono prove documentali che possono essere prodotte persino quando il soggetto non è tra i destinatari della chat.
L’allargamento di vedute della giustizia in tal senso, sta alimentando una visione “moderna” del diritto, che prende sempre più in considerazione la “vita online”.