NewTuscia – VITERBO – Abbiamo accolto con  entusiasmo l’esito della sentenza del Tar  che ha dato ragione agli otto “Comuni resistenti”   contro il  commissariamento imposto dalla Regione  per la cessione del servizio idrico a  Talete spa.

Il ricorso, pur se accolto sulla base di un errato procedimento applicato dalla Regione,  stato proposto per evitare ai cittadini le scelte antieconomiche che la Società ha già adottato nei territori in cui gestisce il servizio idrico.

In questi anni ci siamo resi conto di quanto  sia stata errata la scelta politica di  affidare i nostri beni comuni a gestioni privatistiche e di come, invece, risulti necessario per la collettività che i beni e i diritti indispensabili alla vita siano gestiti, sotto forma pubblica,  dalle comunità a cui appartengono.

D’altra parte,  anche nelle drammatiche giornate che stiamo vivendo,  abbiamo avuto modo di constatare che il nostro Servizio Sanitario Pubblico,  pur  dilaniato da tagli, esternalizzazioni e privatizzazioni,   è stato il solo a fronteggiare con grande professionalità , abnegazione e  sacrificio da parte degli operatori sanitari,   una emergenza sanitaria che nessuno si sarebbe mai  aspettato.

Ciò  dimostra il totale fallimento del modello neoliberista che ha anteposto gli interessi del mercato ai diritti delle persone,  spostando ingenti capitali pubblici  verso interessi privati ,  riducendo l’accesso ai servizi e accentuando le diseguaglianze sociali.
Una società basata su tale pensiero  non può garantire protezione alcuna  alla collettività ed entra in piena contraddizione con la salvaguardia della vita stessa.

Occorre quindi ripensare una società in cui  il diritto alla vita e alla dignità della persona  siano al di sopra degli interessi privati e finanziari,  soprattutto in questa nuova fase in cui la pandemia e la gestione della crisi minacciano fortemente il godimento di alcuni diritti fondamentali;  il rischio oggi è quello di una macelleria sociale.

Proprio per questo si apre, almeno potenzialmente, uno spazio di iniziativa importante per rilanciare la centralità dei beni comuni e dei diritti fondamentali ad essi collegati, a partire da quelli essenziali per la vita.

L’acqua, elemento indispensabile alla vita,  è oggi ancor più necessaria  per limitare i contagi e garantire la salute, pertanto, non può essere considerata  un privilegio ma un diritto accessibile a tutti.

Chiediamo, quindi, al Presidente Nocchi , in qualità di Presidente del governo delle Acque del  Viterbese, l’avvio immediato della discussione sulla ripubblicizzazione del servizio idrico e sulla tutela delle acque.

Ci uniamo, inoltre,  alle  proposte già avanzate dagli esponenti della lista “Per i Beni Comuni”  per ottenere:

  • la riduzione del 50% delle bollette;
  • l’esenzione del pagamento per gli utenti che abbiano perso reddito da lavoro, con un ampliamento dei criteri già previsti nella disciplina del Bonus idrico.
  • l’interruzione dei distacchi ;
  • la messa in mora per le fasce disagiate ;
  • l’obbligo ai gestori di riallacciare tutte le utenze domestiche disalimentate e ancora oggi senza accesso alla fornitura d’acqua.

 

Viviamo tempi straordinari e si tratta di attrezzarci  per affrontare i grandi problemi economici a cui molte famiglie andranno incontro,  ma il concetto impone una riflessione di più largo respiro.

Occorre interrogarci sull’opportunità di costruire una società in cui i diritti fondamentali delle persone siano al di sopra del mercato e delle sue logiche,  riconoscendo  i beni comuni naturali e sociali, come elementi fondanti  di una  coesione sociale orientata alla solidarietà e alla sostenibilità ambientale, attraverso  la gestione pubblica quale strumento che garantisca  la fruibilità dei diritti e dei  beni indispensabili alla vita.

Siamo convinti che questa emergenza rappresenti un vero e proprio spartiacque per l’impatto che avrà sulla vita delle persone, sulla società e sull’economia.

Non resta,pertanto,  che decidere se tornare al “prima”  o cambiare rotta , consapevoli che il tempo è ora.

 

  COORD.TO PROV.LE DEI COMITATI PER L’ACQUA PUBBLICA

                                                                                                              NON CE LA BEVIAMO