di Stefano Stefanini

NewTuscia – MADRID – Siamo in pieno cambiamento climatico. Il mondo è già più caldo di 1,1°C rispetto agli albori della rivoluzione industriale, con un impatto significativo sul pianeta e sulle vite delle persone. Se le attuali tendenze dovessero continuare, le temperature globali potrebbero aumentare dai 3,4 ai 3,9°C già in questo secolo, causando effetti climatici distruttivi su larga scala.

Questo è il forte grido di allarme che la comunità internazionale ha lanciato alla conferenza Onu sul cambiamento climatico, nota come Cop25, inaugurata a Madrid il 2 dicembre. Quindi, a soli due mesi dallo scorso Vertice sul cambiamento climatico convocato dal Segretario Generale a New York, cosa ci si può aspettare dal Cop25? In  cinque domande e altrettante risposte l’Ufficio stampa dell’Onu dà le coordinate  per capire di più.

  1. La Conferenza COP25 – tenuta a Madrid per l’impossibilità di farla svolgere in Cile a causa dei disordini sociali – è la Conferenza delle Parti aderenti alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), il cui mandato è assicurarsi che la convenzione e l’Accordo di Parigi del 2015, che la rafforza, siano attuati.
  2. Le ragioni dell’attenzione dell’ONU sul clima. Ci sono prove degli effetti del cambiamento climatico, specialmente eventi meteorologici estremi, e questi effetti hanno un costo elevato – scrive l’Onu -. Secondo il Greenhouse Gas Bulletin 2019 dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), i livelli dei gas a effetto serra che intrappolano il calore nell’atmosfera hanno raggiunto un nuovo record.

Ciò implica che nel lungo periodo le future generazioni dovranno confrontarsi con effetti sempre più gravi del cambiamento climatico, tra cui l’aumento delle temperature, un clima più estremo, lo stress idrico, l’innalzamento del livello del mare e l’alterazione degli ecosistemi marini e terrestri.

Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) ha evidenziato, nel suo Emissions Gap Report 2019, che le riduzioni delle emissioni dei gas a effetto serra del 7.6 per cento annuo dal 2020 al 2030 sono necessarie per raggiungere l’obiettivo concordato a livello internazionale di un aumento di temperatura contenuto a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Gli scienziati concordano che si tratti di un compito gravoso e che la finestra di opportunità si restringa sempre più.

  1. Il risultato del Vertice sul clima di settembre. Il vertice è servito da trampolino di lancio prima delle cruciali scadenze del 2020 stabilite dall’Accordo di Parigi, concentrando l’attenzione mondiale sull’emergenza climatica e il bisogno urgente di ampliare in modo significativo i provvedimenti. Rappresentanti di molti Paesi e settori vi hanno preso parte. Più di settanta Stati si sono impegnate ad azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050, anche se i paesi che ne emettono di più non l’hanno ancora fatto. Hanno assunto lo stesso impegno più di 100 città, tra le quali alcune tra le più grandi al mondo. I piccoli stati insulari si sono impegnati insieme a raggiungere la neutralità climatica e a passare entro il 2030 al 100% di energia rinnovabile. Paesi come Pakistan, Guatemala, Colombia, Nigeria, Nuova Zelanda, Barbados hanno promesso di piantare oltre 11 miliardi di alberi. Più di 100 manager di aziende private si sono impegnati ad accelerare la green economy. Un gruppo che raccoglie i più grandi proprietari di fondi di investimento del mondo, che controlla 2 miliardi di dollari, si è impegnato a passare entro il 2050 a portafogli di investimento a zero emissioni di carbonio. Ciò si aggiunge a un recente appello da parte di gestori di fondi che rappresentano quasi metà del capitale investito al mondo (circa 34 trilioni di dollari), che chiedevano ai leader mondiali di imporre una significativa tassa sul carbonio, ed eliminare gradualmente in tutto il globo i sussidi ai combustibili fossili e l’energia da centrali a carbone.
  2. UNEP, WMO, IPCC, UNFCCC, COP … perché tutti questi acronimi?

È vero che l’ONU utilizza molte sigle, che rappresentano strumenti e enti internazionali creati sotto l’egida delle Nazioni Unite per far progredire le iniziative a sostegno del clima a livello globale. Ecco come interagiscono. L’UNEP (il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) è la principale entità che stabilisce l’agenda per lo sviluppo sostenibile globale, svolgendo il compito di autorevole tutore dell’ambiente. Il WMO (Organizzazione Meteorologica Mondiale), è l’agenzia ONU per la cooperazione internazionale in ambiti quali le previsioni meteorologiche, l’osservazione dei cambiamenti climatici e lo studio delle risorse idriche.  Nel 1988 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto a UNEP e WMO di istituire il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), composto da centinaia di esperti, al fine di esaminare i dati e fornire prove scientifiche affidabili per i negoziati sul clima. Dal momento che le preoccupazioni sul rischio ambientale sono cresciute, tutti e tre gli organismi delle Nazioni Unite hanno pubblicato rapporti che, negli ultimi anni, hanno fatto spesso notizia su scala internazionale.

Con la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), firmata al Vertice della Terra del 1992 a Rio de Janeiro, gli Stati hanno concordato di “stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera” per prevenire il pericoloso impatto dell’attività umana sul sistema climatico. Oggi, 197 paesi sono parte del trattato. Ogni anno dal 1994, data in cui la Convenzione è entrata in vigore, si tiene una “Conferenza delle Parti”, o COP, per discutere su come procedere. Madrid ospita COP25.

  1. Perché COP25 è importante? Dal momento che la UNFCCC non prevedeva limiti vincolanti sulle emissioni di gas a effetto serra per i singoli Paesi e nessun meccanismo per garantirne l’applicazione, varie estensioni di questo trattato sono state negoziate nel corso delle recenti COP, compreso, più di recente, l’Accordo di Parigi approvato nel 2015, nel quale tutti i Paesi hanno deciso di intensificare gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi al di sopra delle temperature preindustriali e aumentare i finanziamenti per le azioni in favore del clima.

La COP25 precede l’l’anno decisivo, il 2020, quando molte nazioni dovranno presentare nuovi piani d’azione per il clima. Tra le tante questioni ancora aperte c’è il finanziamento delle azioni in favore del clima a livello mondiale. Al momento non si sta facendo abbastanza per raggiungere i tre obiettivi climatici:

  1. ridurre le emissioni del 45% entro il 2030;
  2. raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 (cioè emissioni di anidride carbonica pari a zero)
  3. stabilizzare l’aumento della temperatura globale a 1,5° C gradi entro la fine del secolo.

In tema di cambiamento climatico il tempo stringe, non ci si può permettere di sprecarne ancora ed è perciò necessario concordare una soluzione coraggiosa, determinante e ambiziosa.

La politica ambientale di prossimità di regioni e comuni. Lo stato di attuazione del “Protocollo d’intesa” tra Governo,  Regioni e Comuni del 2016: una traccia ecologica per le amministrazioni comunali.

E’ lecito, in questo contesto,  domandarci con i nostri lettori lo stato di attuazione  del “Protocollo d’intesa” sottoscritto tra Ministero, Conferenza delle Regioni  e Comuni italiani il 7 gennaio 2016  per migliorare la qualità dell’aria mira prioritariamente ad  incoraggiare il passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni, disincentivare l’utilizzo del mezzo privato, abbattere le emissioni, favorire misure intese ad aumentare l’efficienza energetica, promuovendo altresì il coordinamento delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria da parte del sistema delle Agenzie regionali di Protezione Ambientale e dell’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISPRA, le azioni di informazione e divulgazione mirate alla corretta comunicazione dei rischi ambientali e sanitari ai cittadini.

In particolare in Italia Governo (con il supporto tecnico dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Regioni e Comuni si sono impegnati a  favorire  e promuovere politiche attive in ambiti specifici:

  1. a) il controllo e la riduzione delle emissioni degli impianti di riscaldamento delle grandi utenze, incrementando l’efficienza energetica ed agevolando il passaggio a combustibili meno inquinanti;
  2. b) il passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni, rinnovando il parco mezzi del trasporto pubblico e di servizio pubblico in esercizio, anche attraverso l’attivazione di un’unica centrale di committenza a cui Regioni e Comuni possano rivolgersi per una rapida immissione di mezzi pubblici ecologici;
  3. c) la promozione di una rete di ricarica, anche a ricarica rapida, efficiente soprattutto nelle aree metropolitane che supporti la riconversione elettrica dei mezzi pubblici e privati di trasporto, anche mediante incentivi all’acquisto di veicoli merci, autobus, autoveicoli privati, taxi/NCC e biciclette alimentati ad energia elettrica;
  4. d) l’implementazione e il miglioramento delle infrastrutture del trasporto pubblico locale;
  5. e) le misure di sostegno e sussidio finanziario per l’utenza del trasporto pubblico, quali, a titolo esemplificativo, l’offerta di abbonamenti integrati comprendenti ferrovie, bus, metro, bike sharing, car sharing , sosta gratuita nei nodi di scambio extra urbani, realizzazione di nuove piste ciclabili, corsie preferenziali per il trasporto pubblico ed aree di totale pedonalizzazione;
  6. e) l’introduzione al livello nazionale del limite di 30Km/h all’interno dei centri abitati, con l’eccezione delle principali arterie di scorrimento;
  7. f) la promozione e diffusione di buone pratiche agricole volte alla limitazione delle emissioni di ammoniaca derivanti dalla somministrazione di fertilizzanti azotati o dagli allevamenti, anche tenuto conto dell’aggiornamento della direttiva sui tetti nazionali alle emissioni (cosiddetta direttiva NEC) di futura emanazione;
  8. g) le misure innovative per la dissuasione e la repressione della sosta di intralcio e la sincronizzazione dei semafori con monitoraggio dell’intensità di traffico, tese ad aumentare la fluidità del traffico veicolare;
  9. h) l’omogeneizzazione e soprattutto la condivisione ed l’interoperabilità di dati e informazioni sulla qualità dell’aria quantomeno in tempo quasi reale. Infatti tali dati e informazioni sono oggi disponibili solo sui siti web ufficiali delle singole Agenzie, ma prodotti ed esposti secondo modalità e formati differenti tra loro;
  10. i) la produzione da parte di ISPRA di un Bollettino periodico, sulla base dei bollettini regionali prodotti dal sistema agenziale, e dei dati e delle informazioni di cui al comma precedente di sintesi complessiva posta a disposizione delle Autorità ambientali quanto delle popolazioni;
  11. l) la definizione di un obbligo di revisione dei Piani della Qualità dell’aria (art. 9 D.Lgs 155/2010) ogni 4 anni e la definizione di una linea guida unica per la redazione degli stessi da parte del Ministero tramite il supporto tecnico/scientifico di ISPRA e del sistema agenziale;
  12. m) le misure agevolative finalizzate alla realizzazione di interventi di efficientamento energetico relativi agli impianti sportivi pubblici, nonché a favore di altri edifici pubblici;
  13. n) le misure volte alla metanizzazione degli impianti termici in uso presso la pubblica amministrazione, all’atto della sostituzione degli stessi per vetustà/guasti;
  14. o) le misure volte alla rottamazione/riconversione dei veicoli più inquinanti, con particolare riferimento alle flotte merci, promuovendo l’utilizzo delle tecnologie e combustibili a basso impatto ambientale;
  15. p) le misure volte alla aumento del verde pubblico all’interno delle aree urbane, con particolare attenzione alla problematica della piantumazione in aree urbane ed extraurbane;
  16. q) le misure volte all’avvio ed alla realizzazione dei nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci e per l’elettrificazione delle banchine portuali;
  17. r) il potenziamento dei sistemi tecnologici di monitoraggio e di controllo per il rispetto delle misure della limitazione della circolazione nei centri urbani.

Per  favorire l’individuazione e l’attivazione di strategie e azioni comuni finalizzate alla prevenzione ed alla risoluzione delle problematiche ambientali in materia di inquinamento urbano, è stato  previsto presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un “Comitato di coordinamento ambientale delle Regioni e delle Città metropolitane” tra i Presidenti delle Regioni e i Sindaci delle Città metropolitane, presieduta dal Ministro dell’Ambiente per la definizione e l’aggiornamento periodico del piano strategico triennale del territorio metropolitano .