di Serena Biancherini

NewTuscia – VITERBO – In seguito agli episodi di guerriglia allo stadio risalenti al 15 maggio, un giovane di 36 anni di Farnese è stato arrestato nei pressi dello stadio Olimpico di Roma in occasione della finale di Coppa Italia che vedeva protagonisti Lazio e Atalanta. Circa 200 ultras della Lazio con i volti mascherati hanno ingombrato le strade tra piazza Lauro De Bosis e via De Robilant, divellendo segnali stradale, rovesciando secchioni dell’immondizia, infine lanciando una trentina di bombe carta, sedie, bottiglie e sassi.

Tre arresti in tutto, tra cui quello del 36enne A. A., che rischia di saltare il matrimonio che si dovrebbe svolgere tra pochi giorni se il fermo verrà convalidato. Intanto ha già trascorso la prima notte in carcere, fermato dalla Digos vicino a Ponte Milvio con l’accusa di aver partecipato ai tafferugli nel momento in cui è stata lanciata una molotov sull’auto dei vigili urbani.

Stamattina A. comparirà davanti al collegio composto dai giudici di piazzale Clodio in un’udienza i cui i capi d’accusa potrebbero valergli fino a 15 anni: l’articolo 339 del codice penale prevede l’aggravante del reato commesso da più persone riunite. Non solo resistenza a pubblico ufficiale dunque.

Recita la legge. “Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, con uso di armi anche solo da parte di una di esse, o da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è della reclusione da un minimo di due a un massimo di quindici ”.

L’avvocato della difesa sottolinea però che il suo cliente è stato trovato con in mano soltanto una bandiera della sua squadra che per dimensioni e composizione non costituisce un’arma offensiva e tira in ballo uno scambio di persona. L’uomo ripreso dai video sarebbe stato un altro con vestiti simili ma distinguibile dal 36enne per alcuni dettagli.

A. A., secondo la difesa, non era tra gli uomini mascherati.