di Stefano Stefanini

NewTuscia – Lo studio “Opportunità e vincoli dell’applicazione del 4.0 nella filiera agroalimentare italiana”, realizzato  e presentato recentemente dall’istituto di Ricerca Nomisma  è emerso come in Italia oltre il 50% delle imprese rientra nelle filiere agroalimentare, costruzioni e infrastrutture, moda e lusso, con oltre 18.500.000 addetti.

Come riportato da un recente articolo del collega Maurizio Donini, lagroalimentare rappresenta la prima filiera con 600.000 imprese nel settore e 1.200.000 nella filiera; gli addetti sono oltre 3.000.000 ed il fatturato complessivo ammonta a 352.231 milioni, il 15% sul totale italiano.

Passando ai vari anelli che costituiscono la filiera si nota che la maggior crescita si concentra nei servizi con un +4,9%, contro il +4,7% del supporto, +4,5% nella trasformazione, +3,5% nella distribuzione e +3,4% nell’ambito delle materie prime. Passando al credito erogato alla filiera agroalimentare, si è avuto un incremento del +6,9% contro una media del +3,4% su comparto filiere italiane, quindi una crescita del 50% maggiore rispetto la media. Di contro è calata la rischiosità della filiera agroalimentare nella misura del 14,3% contro il 13,9% di media sulle filiere italiane.

Lanalisi presentata ha evidenziato alcune criticità future che potranno influire sullalimentazione mondiale: in particolare la popolazione passerà da 7,5 a 9,5 miliardi nel 2050 a fronte di un aumento del 75% dei disastri naturali.

Passando alle preferenze di acquisto da parte dei consumatori italiani, i valori che sono maggiormente pregnanti per gli acquirenti sono al 26% litalianità del prodotto, il 22% riguardo lambiente, il 16% la tradizione ed il 15% laspetto salutistico.

Altri aspetti venuti alla luce sono il già noto problema del nanismo delle imprese agricole, mediamente di 10 ha, lelevata età media che si pone per il 65% oltre i 60 anni e con solo un 10% sotto i 35 anni, senza dimenticare il problema generale che la terra è un bene finito che non può essere aumentato a piacimento.

I rimedi a tali problematiche possono essere individuati in un nuovo approccio 4.0 nellaffrontare il problema della resa, con lutilizzo di agricoltura di precisione per andare a sanare le variabili spazio temporali di una coltivazione intervenendo dove e quando serve.

Benefici possono essere ad esempio le macchine agricole a guida autonoma tramite GPS, il 22% delle aziende ha investito nella Agricoltura 4.0, nelle nuove tecnologia, gli interessati sono in genere laureati millennials fra i 18 e i 35 anni che attingono informazioni da internet o partecipando di persona a fiere di settore.

Lo studio di Nomisma ha inoltre posto in risalto come in una dimensione di “Agricoltura 4.0” i parametri di produttività, flessibilità, qualità, velocità, vedono aumentare il loro valore, e aumentano l’importanza di una filiera sicura e certificata.

Questioni aperte si riscontrano nella blockchain nel settore agro-alimentare, intesa, lo ricordiamo,  come catena di blocchi, struttura di dati immutabile e condivisa  definita come registro digitale  nel quale vengono archiviati in modo sicuro, verificabile e permanente transazioni che avvengono tra due utenti appartenenti a una stessa rete.

I dati relativi agli scambi sono salvati all’interno di blocchi crittografici, collegati in maniera gerarchica l’uno all’altro. Si viene così a creare un’infinita catena di blocchi di dati (da qui il nome blockchain) che consente di risalire e verificare tutte le transazioni fatte.

La funzione primaria di una blockchain è, dunque, di certificare transazioni tra persone.  Il problema con cui si scontra la blockchain nella filiera e  nel mercato agro-alimentare è la mancanza di uno standard unico, investire in una blockchain potrebbe inutile se poi si cambia fornitore e si deve passare ad una blockchain diversa.

La certificazione di un prodotto con la blockchain potrebbe permettere  ad esempio la vendita di “affettati” lontano dal luogo di produzione e qui si dovrebbe anche comprendere l’importanza dei big data, uso, possesso, distribuzione.

Infine, conclude Maurizio Donini, un altro aspetto dellagricoltura del futuro è il settore strategico della formazione e del rapporto scuola/mondo del lavoro per l’estrema importanza che riveste per il nostro Paese.

La filiera agro alimentare della Tuscia: i prodotti tipici della Tuscia ed il loro inscindibile collegamento con il territorio.

I nettari dell’olio – tra le varie zone di produzione esclusivo e superiore quello di Canino – e del vino, tra gli altri, L’Est! Est!! Est!!! ed il San Flaviano di Montefiascone, l’Orvieto, l’Aleatico di Gradoli, i Vini dei “Colli Cimini” di Vignanello, Vasanello e Soriano, il “Tarquinia” ed i “Colli Etruschi”, i frutti di una terra fertile e generosa e una cucina semplice dai sapori raffinati e genuini.

Ben 34 prodotti agro-alimentari tipici sono stati  catalogati, tra gli altri – oltre ai vini ed all’olio – i funghi della Tuscia,  le erbe spontanee dei colli Cimini, i legumi, le lenticchie di Onano, i formaggi, il pane, il farro, il miele della Riserva di Monte Rufeno (Acquapendente), le nocciole e le castagne dei Cimini, l’aglio rosso di Proceno con riconoscimenti di origine controllata e tutelata.

Oltre 60 ricette locali –  già raccolte e pubblicate nei scorsi anni nella enciclopedica guida Terra Etrusca SED Editore Viterbo, possono essere gustate sulle strade delle flagranze ed i sapori di questa terra fertile e generosa, nei ristoranti caratteristici disseminati nella Tuscia, dalle colline, ai laghi, al mare, alla valle del Tevere .

In particolare attraverso l’Itinerario del vino, dell’olio e dei sapori tipici della Tuscia e della Teverina – che si dipartono dalle stazioni autostradali di Magliano in Sabina, Orte, Attigliano e Orvieto sono stati tracciati degli itinerari della genuinità, del gusto e della semplicità di alcune ricette che risalgono alla tradizione etrusco-romana, medievale e rinascimentale, sino ai giorni nostri, tradizioni che sono in fase di continuo studio e riscoperta.