NewTuscia – VITERBO – Europa come comunità di Valori, centralità dei Diritti dell’Uomo, collaborazione internazionale per ambiente clima e pace. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Corpo Diplomatico per gli Auguri 2019: Europa come comunità di Valori, centralità dei Diritti dell’Uomo, collaborazione internazionale per ambiente clima e pace.
Sono molti e intensi gli argomenti di riflessione e di ispirazione dell’azione politica internazionale e interna per l’Italia.
Il 2018 è stato l’anno del ricordo e della memoria. Un anno caratterizzato dal centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, e anche, per quanto riguarda specificatamente l’Italia, dal settantesimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione, fondamento della nostra democrazia, simbolo della rinascita del Paese e della sua volontà di riscatto nel contesto internazionale, dopo gli anni bui della dittatura e della guerra.
Il presidente Mattarella è convinto che “la memoria ci soccorre e ci esorta a evitare gli errori del passato.”
Un passato di responsabilità, individuali e collettive, in cui spiccano anche vergogne come la tragica adozione in Italia delle leggi razziali, di cui quest’anno è caduto l’ottantesimo anniversario.
Un futuro di pace e di prosperità – ed è la lezione della memoria – può nascere soltanto dalla convinta consapevolezza che il dialogo e non il conflitto rappresenta lo strumento per affermare valori, principi, interessi di ciascuna comunità nel contesto della più vasta comunità dei popoli.
La Costituzione italiana è figlia di questa sofferenza e, al tempo stesso, di un vigoroso spirito di rinascita, solidamente ancorato nei principi e nei valori che furono alla base della lotta contro il nazismo e il fascismo.
A differenza dei generosi tentativi emersi dopo il primo conflitto mondiale, e basati tuttavia sul principio dell’equilibrio tra le grandi potenze, dopo il conflitto successivo si seppe dare vita, tra molteplici sofferenze, a uno spirito di rinascita etica e morale nella lotta a ideologie totalitarie: di esso è figlia la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata anch’essa nel 1948.
Con quel documento – sui diritti di ogni persona – l’umanità cercò di porre a difesa di se stessa un argine, attraverso un testo sempre attuale, che giorno per giorno sollecita le Istituzioni di tutti i Paesi e la coscienza dei cittadini a darvi attuazione.
La promozione dei diritti, una promozione attiva, attenta, costante – alla quale ci richiamano sia il dettato Costituzionale sia la Dichiarazione universale – rappresenta uno strumento necessario non soltanto per la prevenzione di nuovi conflitti, ma anche nella costruzione di società pacifiche, stabili e inclusive, unica base solida per una prosperità condivisa.
L’Italia avverte la responsabilità, in quanto membro del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, a partire dal prossimo mese di gennaio 2019 di contribuire all’affermazione della effettiva universalità dei diritti di libertà ed eguaglianza.
La consapevolezza che non andavano ripetuti gli errori del passato ha aiutato la Repubblica italiana a concorrere a un percorso continentale in cui nazioni avversarie, nelle alterne vicende della storia, hanno saputo unirsi per imboccare, decisamente, la strada della integrazione europea e della solidarietà atlantica.
Lo straordinario successo di questo cammino – in termini, soprattutto, di pace, benessere e crescita sociale – è conferma del fatto che l’Europa è, prima di tutto, una comunità di valori, basata sul rispetto della dignità umana, sulla democrazia, sull’uguaglianza e sulla prevalenza del diritto. Valori che hanno contraddistinto tutti i passaggi della storia del progetto di integrazione continentale, specialmente quelli più delicati.
L’impegno e l’energia che i Paesi dell’Unione hanno profuso in questi decenni hanno accresciuto la qualità della vita dei cittadini europei.
Ne hanno accresciuto i diritti e rafforzato le tutele, hanno rimosso barriere, assicurando libertà di movimento e di stabilimento, di fare impresa.
Alcuni limiti riscontrabili nell’esperienza dell’Unione Europea non offuscano, in alcun modo, il risultato offerto ai suoi popoli e all’intera comunità internazionale. La stabilità diffusa, la crescita nell’adesione a valori di pacificazione e di sviluppo, ne hanno fatto uno dei baricentri in più scenari e in più teatri, oltre che un modello al quale guardano con interesse esperienze di integrazione in Africa, in America Latina, in Asia.
Un vuoto politico che paralizzasse in questo momento il vecchio continente e gli impedisse di svolgere un utile ruolo nelle relazioni internazionali, siano politiche, economico-finanziarie, commerciali, creerebbe un forte squilibrio, mettendo a repentaglio l’orizzonte di progresso dell’intero pianeta.
L’architettura istituzionale e funzionale dell’Unione necessita certamente di completamenti, miglioramenti e adattamenti: di questo processo l’Italia intende continuare a essere protagonista. L’importante è che a prevalere non siano cartelli di blocco uniti soltanto da atteggiamenti ostruzionistici, della cui azione l’unico risultato diverrebbe la paralisi.
Il dibattito di questi anni troverà un punto fermo nella espressione della sovranità popolare con la elezione del massimo organo democratico dell’Unione, il Parlamento Europeo, nel prossimo mese di maggio.
Per il Capo dello Stato sono numerose le crisi che si addensano ai confini dell’Italia e dell’Unione Europea: a instabilità presenti nell’area del Mediterraneo, nella regione mediorientale, si aggiunge quella presente a Est. Principi come la sovranità e l’integrità territoriale, il libero scambio e la libertà di navigazione, non possono essere oggetto di controversia.
Tensioni, quando non vere e proprie tragedie, si registrano anche in aree lontane dai nostri confini ma non per questo lontane dalla nostra considerazione, in America Latina, nell’Africa subsahariana e in Asia.
Siamo convinti che occorra lavorare per prevenire le dispute e le difficoltà o si intende, invece, alimentarle?
Questa realtà, nella sua poliedrica complessità – nella quale si intersecano conflitti e fenomeni planetari, conseguenza diretta o indiretta dell’azione dell’uomo – presenta una caratteristica comune.
Opportunamente il presidente Mattarella sostiene che nessuna sfida può essere affrontata e vinta da singoli Paesi. Non si può affrontare il cambiamento climatico, osteggiare l’inquinamento, o governare il fenomeno migratorio da soli.
Non si può efficacemente combattere la subdola pervasività del crimine transnazionale o del terrorismo senza una fitta rete di contrasto che veda uniti i Paesi di tutti i continenti. Questo grave pericolo continua a manifestarsi, da ultimo con l’uccisione a Strasburgo di cinque persone e, tra esse, anche del nostro giovane connazionale Antonio Megalizzi.
Il presidente Martarella ha dichiarato davanti alla Diplomazia accreditata in Italia Che non si può garantire sicurezza alle popolazioni se non se ne rispettano i diritti umani: per essere più sicuro il mondo ha bisogno di equità e di libertà.
Non si può guidare il progresso tecnologico – e il suo impatto sempre più evidente sulla società e sui diritti di ciascuno – senza regole che si sforzino di comprendere l’intero pianeta….
Chi regola la stabilità e costruisce l’equità nei rapporti internazionali fra i popoli?
Se non applichiamo, anche qui, il rispetto pieno della dignità di ogni Paese e il principio democratico, l’alternativa diviene il diritto del più forte, ribaltando la conquista, ottenuta dopo il secondo conflitto mondiale, realizzando il passaggio dal diritto della forza alla forza del diritto anche nel rapporto fra gli Stati.
L’alternativa al multilateralismo – che vede nella composizione degli interessi e nel rispetto delle procedure la sua ragion d’essere – è soltanto l’unilateralismo, che si illude di poter vivere in splendido isolamento, nell’assenza di regole e nell’affermazione – o nel tentativo di affermazione – di interessi esclusivi.
Per il presidente Mattarella un mondo dominato dall’unilateralismo è un mondo senza amici e non può che condurre a diffidenze crescenti, a frizioni e a nuovi conflitti. Conflitti che rischiano, in considerazione della marcata e irreversibile interdipendenza fra Paesi e Continenti, di colpire tutti in maniera inaccettabile.
È una deriva che va fermata: per ogni accordo sul controllo degli armamenti, specie se nucleari, che viene messo in discussione, occorre dare vita a un nuovo trattato, aggiornato sul terreno degli intervenuti mutamenti strategici e tecnologici.
Talvolta si odono critiche rivolte all’inefficacia delle regole dell’ordine multilaterale. Queste possono essere utilmente aggiornate o sostituite ma non rimosse: l’appartenenza alla comunità internazionale non può essere parziale o a intermittenza.
Il presente e il futuro, al contrario, ci pongono di fronte a sfide trasversali e a interrogativi di amplissima portata, alcuni di improcrastinabile urgenza come, ad esempio, i cambiamenti climatici. Essi potrebbero trasformare radicalmente il rapporto fra l’umanità e il pianeta e dunque non è possibile accontentarsi di timide intese. Occorrono, invece, scelte coraggiose e condivise – scelte autenticamente multilaterali – che segnino un percorso da seguire fedelmente, per il bene di tutti.
Il progresso tecnologico – e l’esponenziale dilatazione delle possibilità e dei rischi ad esso sottesi – incide profondamente sui diritti fondamentali di ciascuno, sul rapporto stesso tra Stato e cittadino oltre che sul rapporto tra gli Stati, realizzando, insieme a insperati avanzamenti, anche effetti profondi e irreversibili specialmente nel mondo del lavoro.
Si tratta di effetti che rischiano di determinare nuove, profonde cesure all’interno delle società, favorendo l’insorgere di nuove sacche di povertà.
Anche in quest’ambito, dunque, occorre un impegno costante e corale, per evitare che fenomeni, di per sé positivi, si risolvano in una indebita compressione di diritti, ciascuno dei quali rappresenta una straordinaria conquista di civiltà.
Sono, questi, “nodi” reali che, insieme, dovremo sciogliere, per permettere alle generazioni future di raggiungere traguardi ulteriori di autentico progresso. Risultati che soltanto il dialogo e il confronto, costruttivo e leale, nell’interesse dei nostri popoli, potranno porre alla nostra portata.