Elisa Anzellotti

NewTuscia – Da diversi anni imperversa in Italia la festa di Halloween soppiantando le nostre tradizioni culturali che così cadono nel dimenticatoio. Per evitare ciò ci piace capire e ricordare un po’ di cose legate alle date di fine ottobre primi di novembre.

Halloween è una festa di origine celtica in cui le persone accendevano falò e indossavano costumi per allontanare i fantasmi.  Il nome deriva proprio dal fatto di essere la sera prima dei giorni sacri cristiani di Ognissanti (All Hallows ‘Day, noto anche come All Saints’ o Hallowmas) il 1 ° novembre e All Souls ‘Day il 2 novembre.

La tradizione di pregare i defunti e celebrare con azioni particolari questo giorno è presente però come anticipato anche in Italia.

Secondo alcune fonti già nel III secolo d.C. le prime comunità cristiane celebravano una festa in onore dei santi. Questa celebrazione raggiunse anche Roma, quando il 13 maggio del 609 o 610 d.C. Papa Bonifacio IV dedicò il celebra Pantheon alla Vergine Maria e a tutti i Santi, trasformandolo da tempio pagano a luogo di culto cristiano e inaugurando la Festa di Ognissanti. La celebrazione fu poi spostata al 1° novembre da Papa Gregorio III (731-741), che voleva far coincidere la festività cristiana con il capodanno celtico (Samhain), nella speranza di far passare quest’ultimo in secondo piano. La data fu scelta anche per celebrare l’anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie “dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo”. Tuttavia i riti pagani di All Hallows’ Day e soprattutto All Hallow’s Eve, da cui viene Halloween, continuarono nel tempo, con la loro caratteristica di mistero e magia, e oggi a quasi 1.200 anni di distanza sembrano aver preso sopravvento sulla festa cristiana. Con il re franco Luigi il Pio nell’835 il 1° novembre divenne festa di precetto.

Per quanto riguarda invece la Commemorazione dei defunti, questa fu creata nel 998 dall’abate benedettino Odilone di Cluny, molto devoto delle anime del Purgatorio, al punto che tutte le sue preghiere, sofferenze, penitenze, mortificazioni e messe venivano applicate per la loro liberazione dal purgatorio. Egli ordinò che, dopo i vespri del primo novembre, le campane della sua abbazia suonassero rintocchi funebri. La celebrazione fu in seguito istituzionalizzata da papa Gregorio IV e, per volere di papa Sisto IV, fu estesa a tutta la Chiesa d’Occidente nel 1474.

Oggi in Italia è festivo solo il giorno di Ognissanti, mentre fino a non molti anni fa erano previsti due giorni di festa.


LE TRADIZIONI

Tante sono le tradizioni popolari legate alle ricorrenze dei Santi e dei Morti, in alcune regioni d’Italia ancora celebrate.

Nelle zone rurali e in alcuni paesi di Abruzzo, Friuli, Piemonte, Puglia, Trentino e Veneto c’è l’usanza nella notte tra il 1° e il 2 novembre di lasciare un lume acceso, acqua fresca e pane per i morti in visita al mondo terreno. Nelle campagne della Lombardia vengono sistemate coperte e lenzuola per il riposo dei defunti e secondo alcuni una brocca d’acqua, per permettere loro di dissetarsi dopo il lungo viaggio.

Sulle tavole milanesi non è inusuale trovare quello che viene chiamato “il pan dei morti”, preparato sostanzialmente con biscotti tritati, amaretti, mandorle, cannella e noce moscata. Vengono fuori una specie di “biscottoni” che ricordano in parte gli amaretti natalizi.

In Trentino le campane suonano per richiamare le anime. Dentro casa viene lasciata una tavola apparecchiata e il focolare accesso per i defunti. Lo stesso capita in Piemonte e in Val d’Aosta.

In Emilia Romagna invece il cibo da lasciare ai defunti viene scambiato di casa in casa, e se ne lascia anche ai poveri che vengono a bussare alle porte delle varie abitazioni.

In Liguria, vengono preparati i bacilli (fave secche) e i balletti (castagne bollite). Tanti anni fa, la notte del 1 novembre, i bambini si recavano di casa in casa, come ad Halloween, per ricevere il “ben dei morti”, ovvero fave, castagne e fichi secchi. Dopo aver detto le preghiere, i nonni raccontavano loro storie e leggende paurose.

In Umbria si preparano gli stinchetti dei morti, dolci a forma di fave, anche nella Tuscia sono presenti questi biscotti e vi è la tradizione di lasciare un lume acceso in casa per i defunti.

In Abruzzo, oltre al tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano tanti lumini accesi alla finestra quante sono le anime care. Ma era anche tradizione scavare e intagliare le zucche e inserire una candela all’interno e usarle come lanterne, proprio come ad Halloween.

A Roma la tradizione voleva che il giorno dei morti si tenesse compagnia ad un defunto consumando un pasto vicino alla sua tomba.

Napoli si prepara invece un torrone speciale chiamato comunemente in terra partenopea “o morticiello”, glassato di cioccolato che può essere gianduia o aromatizzato al caffé a seconda dei gusti.

Anche in Sicilia i dolci del 2 novembre sono un appuntamento assolutamente tipico, a Palermo vengono preparati i Frutti di Martorana, a Catania degli speciali biscotti chiamati I Vincenzi e a Messina le “Piparelle”, che vanno a loro volta inzuppate nei liquori preparati in casa. Insomma, ce ne sarà per tutti i gusti.

In Sardegna i bambini girano di casa in casa per chiedere le offerte per i morti e ricevono pane, fichi secchi, dolci e mandorle.