NewTuscia – Con il nuovo Decreto dignità, il governo ha deciso di vietare qualsiasi forma di pubblicità al gioco d’azzardo a livello nazionale, muovendo un deciso attacco verso l’industria del gioco che, negli ultimi anni, è stata protagonista di una crescita importante.
Oltre allo stop alla pubblicità all’azzardo, il Decreto affronta diversi argomenti, tra cui la semplificazione fiscale e la riduzione di un anno dei contratti a tempo determinato.
Per quanto riguarda il gioco d’azzardo, trattato nell’articolo 9 della legge 96/2018, il divieto di sponsorizzazione di qualsiasi forma di gioco non manca di sollevare polemiche da parte degli addetti ai lavori, ovvero di coloro che operano direttamente nel settore, le società che sponsorizzano l’industria del gioco, gli esercenti e gli operatori di gioco.
Cosa prevede l’articolo 9 del Decreto?
Nello specifico, l’articolo 9 del Decreto stabilisce lo stop alla pubblicità al gioco d’azzardo sia in forma diretta sia indirettamente. Il provvedimento verrà messo in atto gradualmente, poiché, per i contratti in corso, ovvero quelli stipulati prima del 14 luglio 2018, sarà possibile rispettare la scadenza dello stesso (non oltre i dodici mesi dalla stipula).
Esempio: un’emittente televisiva con un contratto di sponsorizzazione al gioco d’azzardo, potrà mandare in onda la pubblicità per un altro anno, poi il rapporto dovrà risolversi. Ma il vuoto d’incassi sarà duro da colmare, considerando che le reti televisive percepiscono preziosi introiti dalla pubblicità ai portali di gambling.
Diversa sorte per i contratti di sponsorizzazione riguardanti le società di gioco d’azzardo, che dovranno concludersi entro il 1° gennaio 2019. Con il Decreto, potrà continuare la sua campagna solo la Lotteria Italia.
Il 2019 vedrà diverse società sportive perdere il proprio sponsor, il quale dovrà scomparire dalle maglie contestualmente all’inizio del prossimo anno. Un duro colpo all’economia di vari sport, calcio, basket e pallavolo ne sono un esempio.
Decreto dignità: l’obiettivo
L’obiettivo del Decreto è quello di ridurre il numero dei giocatori d’azzardo in Italia. Tuttavia, permangono diversi dubbi circa l’effettiva efficacia del provvedimento: chi è avvezzo al gioco d’azzardo continuerà a scommettere, i potenziali nuovi giocatori non subiranno nell’immediato l’effetto della rimozione delle immagini pubblicitarie, ma qualcosa potrebbe muoversi nell’ambito del fenomeno del live betting. È proprio questo il primo obiettivo al quale il Decreto sembra puntare, in attesa di raccogliere i primi dati riguardanti gli effetti della manovra a lungo termine.
Cosa comporta la violazione del Decreto?
Per la violazione delle norme stabilite nel Decreto sarà prevista una sanzione amministrativa pecuniaria pari al 20% dell’accordo commerciale. Tra le altre misure previste dal Decreto vi sono: l’innalzamento progressivo del prelievo erariale unico sugli apparecchi di gioco e l’installazione, sugli stessi apparecchi, di lettori per le tessere sanitarie (entro il 2020). Si introduce altresì la locuzione “disturbo da gioco d’azzardo” in luogo di ludopatia. In particolare, questa restrizione era stata già introdotta dal legislatore alla pubblicità di giochi e scommesse: in particolare, riguardava il divieto di messaggi pubblicitari riguardanti il gioco con vincite in denaro, nelle trasmissioni televisive, radiofoniche e in quelle rivolte ai minori. A tale riguardo, va detto che il contrasto al gioco minorile e al disturbo da gioco d’azzardo è un obiettivo che coinvolge da tempo i concessionari di gioco collaborano direttamente con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli allo scopo di promuovere un gioco responsabile e consapevole.
Questo ci da un’idea ci come, dal lato opposto a quello del governo, non vi sia solamente un settore esecrabile, ma un comparto economicamente florido che punta a migliorarsi per raggiungere gli elevati standard dei paesi europei (le scommesse, i casinò, le slot, ecc, generano un indotto di circa 9,5 miliardi di euro per lo Stato italiano).
Il punto di vista degli operatori del settore
I primi ad esprimersi in merito sono state le società sportive professionistiche, che, come collettivo, hanno manifestato i propri dubbi in merito al vuoto economico cui le società vanno incontro.
Va ricordato che l’industria del gioco legale in Italia conta 150.000 addetti e 6.000 imprese.
Seguono le aspre critiche dei diretti interessati: la federazione dell’industria del gioco aderente a Confindustria (SGI) ha stilato un decalogo di 10 proposte, che sono state presentate al Governo e che mirano a riformare l’intera filiera del gioco legale, focalizzando l’impegno sulla tutela del giocatore e sul progresso sostenibile e responsabile del settore.