NewTuscia – VITERBO – La questione dell’accoglienza è un tema molto complesso, noi riteniamo doveroso esprimere il nostro pensiero a seguito dell’indagine effettuata dai V.F. e G.F. nella provincia di Viterbo e, soprattutto, dei comunicati politici che si sono succeduti.

Il dramma dell’immigrazione genera da una parte contrasti e guerre tra poveri per la paura di perdita del lavoro, per motivi di sicurezza ecc., dall’altra diventa fonte di guadagno e di profitto spesso illecito, tanto che sempre più operatori commerciali si dedicano a questo settore.

Riteniamo che la questione non possa essere affrontata separatamente dalle sue cause.

La prima diretta responsabilità, di pari passo ad altrettanta ipocrisia, è da imputare ai governi Europei silenti o, peggio, a volte complici di guerre imperialistiche che producono migliaia di morti e milioni di profughi. Silenti e immobili anche dinanzi alla colonizzazione economica da parte delle multinazionali, che depreda intere aree geografiche di ogni bene, generando fame e schiavitù.

Di fronte all’arrivo di giovani e intere famiglie che fuggono dalla guerra e dalla disperazione, gli stessi governi, incapaci di gestire le conseguenze della loro politica disumana e fallimentare, delegano l’accoglienza pagando terzi.

Tra i terzi, cioè i gestori dei centri di accoglienza che ricevono i famosi 35 Euro circa,  c’è chi è onesto e chi non lo è.  Il controllo da parte delle Istituzioni è sacrosanto  e, a nostro giudizio, deve essere  forte e capillare .

Altrettanto forte e capillare dovrebbe esserlo nei confronti di chi specula sul sotto-lavoro di questi disperati. D’altra parte, a chi fa comodo l’immigrazione?

E’ stata sempre funzionale a chi, attraverso questo esercito di mano d’opera di riserva,  può imporre il caporalato, abbassando il costo del lavoro e cancellando ogni regola.

L’immigrato non è il nemico da combattere, semmai è vittima – insieme a noi – di un sistema che mette al primo posto l’interesse economico anche a costo di calpestare la vita umana.

Detto ciò, poiché il settore dell’accoglienza è un settore stabile delle politiche sociali di un Comune,  è interesse di tutti che sia gestito con trasparenza e controllo, a garanzia dei diritti/doveri sia degli utenti che degli operatori (non volontari o  speculatori).

I migranti in Italia, oggi, sono come gli Italiani nell’America di ieri. Non “ladri di lavoro” altrui, ma masse di contadini e operai in fuga da guerre e miseria. Ed è questo il nodo, che non trova spazio nello squallido balbettìo politico di questi giorni, anche a Viterbo. La verità è che gli immigrati fuggono da guerre spacciate per interventi umanitari (in Siria, Yemen, Libia). E qui trovano  lavoro nero, sfruttamento  e paghe da fame.

L’economia italiana oggi  non può fare a meno dell’apporto dei lavoratori immigrati (chi è impiegato nell’agricoltura? e nell’edilizia? e nel lavoro di cura?), ma li usa come strumento di una guerra fra poveri. I precari e i disoccupati italiani contro i lavoratori immigrati sfruttati e sottopagati. Soltanto una politica del lavoro che imponga un salario minimo di base e un capillare controllo affinché tale regola sia rispettata potranno mettere fine alla guerra tra poveri.

Noi ci sottraiamo al giochetto del penultimo contro l’ultimo, e rivendichiamo il rispetto dei diritti di ogni persona. Non intendiamo costruire ghetti né invocare misure caritatevoli, ma promuovere percorsi che garantiscano inclusione e soprattutto autonomia per le persone immigrate e non.  Come Lavoro e Beni Comuni esigiamo, per cominciare, che vengano effettuati controlli massicci e puntuali sull’attuale sistema di integrazione a Viterbo; che si superi la logica dell’emergenza  e si promuova il modello SPRAR, con rendicontazioni dettagliate e coinvolgimento delle comunità locali; che si entri nella “Rete delle città in comune”, che ha avviato in merito delle prassi alternative ed efficaci; e che vengano potenziati i controlli sul lavoro nero da parte delle Istituzioni competenti, con l’ausilio e la collaborazione diretta del Comune.

p. LAVORO E BENI COMUNI
Paola Celletti