NewTuscia – VITERBO – enerdì 23 dicembre a Viterbo presso il ristrutturato Teatro Caffeina in Via Cavour si è svolta la proiezione del documentario “Lo Sguardo di Rosa”. Una produzione Baby Films del regista viterbese Fabio Segatori, il quale, al termine della visione, ha tenuto un interessante dibattito, confidando alcuni particolari e rispondendo ai quesiti in sala. Segatori, al termine della proiezione, dopo aver incassato gli applausi di tutti i presenti, ha tenuto un breve monologo: “sono un amante della pittura e il film ha una forte connotazione barocca e magnetista, i primi piani sui Facchini sembrano una Passione di Cristo della fine del ‘500, sono dei tableau vivant in natura. Nel documentario, tenebre e luce sono frutto del contrasto buio della notte, città abbuiata per l’occasione vs Macchina illuminata, anche questo un elemento specifico della cultura barocca. La luce simboleggia la speranza, grande metafora della vita così come la metafora di portare il peso non da soli ma con qualcuno accanto che ti allievi il peso della vita, direi un sogno per tutti noi”.
“Lo sguardo di Rosa” è un documentario emozionante e sicuramente di una singolare forza evocativa, che mette insieme tanti aspetti di questa tradizione viterbese: le immagini del Trasporto, le parole del Presidente Massimo Mecarini e quelle del Capo Facchino Sandro Rossi, le emozioni dei Facchini e dei loro familiari, gli sguardi delle migliaia di persone presenti lungo il percorso nella serata del tre settembre e, ancora, le testimonianze dell’architetto viterbese Raffaele Ascenzi, le parole del campione Leonardo Bonucci, il commento del professor Galli. Non ultimo, lo sguardo della Macchina sulla Città, uno sguardo dall’alto che squarcia le tenebre, infondendo nei cuori fede e speranza.
Il regista confida che non è stato semplice mettere insieme tutti questi elementi in circa un’ora di filmato: “tanti sono stati i minuti di girato, cinquanta ore di riprese, ma in sede di montaggio bisogna stringere e, come in tutti i lavori, la chiave è sempre il metodo e poi, come sappiamo, nel cinema il vero mestiere del regista è vedere le immagini già prima di girarle. Una mole di lavoro impressionante, ma sono andato abbastanza veloce in post produzione e montaggio, perché il film lo avevo già tutto in testa, lavoravo su questo progetto da ben quattro anni, di conseguenza sono andato a colpo sicuro. Ho studiato a luglio/agosto il percorso, individuando le migliori inquadrature e i punti macchina al centimetro, scegliendo gli scorci migliori di Viterbo, merito anche dei diciotto anni che ho passato nella Città dei Papi, per la quale nutro una forte nostalgia”.
Ora, qualche dettaglio tecnico di Segatori: “sono state impiegate ben quindici telecamere per riprendere il Trasporto 2017, una di queste è stata fissata in alto sulla Macchina, vicino alla statua della Santa. Ma lo sguardo non è lo sguardo di una telecamera fissa, bensì uno sguardo che offre ingrandimenti e panoramiche, proprio come fa l’occhio umano, che va a cercare i punti di interesse. Lo notiamo infatti nel film: la telecamera zooma a caccia di singoli episodi, ad esempio quando a Via del Corso ci sono alcune persone che si allungano per toccare la Macchina al suo passaggio e, ancora, quando un Facchino fa leva sulle mura del Corso per dare una spallata alla Macchina stessa permettendole di rimettersi in asse per superare la stretta chicane che sta a Corso Italia. Infine, a Piazza del Teatro, la visuale si apre a scoprire il mare di folla. Lo sguardo di Rosa è uno sguardo vivo, reso possibile grazie alle riprese in qualità 4k di apposite telecamere, le stesse della Formula 1”.
Non sono mancati i limiti di ripresa a cui il regista, da cittadino diligente ha dovuto attenersi: no alla telecamera sotto i Facchini, valutata come probabile intralcio, no a un drone, per motivi di sicurezza e norme anti-terrorismo. Dietro ogni immagine, tanto studio e preparazione tecnica, ma, allo stesso tempo, battaglie di tipo procedurale e sfide tecniche. Sono state tante le ipotesi visive vagliate prima del Trasporto, e nonostante alcuni limiti, la maggior parte di esse è stata realizzata.
Tanti gli appelli fatti nei mesi prima di settembre, l’altra sfida affrontata dal regista è stata la raccolta dei filmati d’epoca: “Ringrazio Di Prospero, presente in sala, per aver gentilmente fornito le preziose pellicole, risalenti ai Trasporti del ’64 e ’67, che sono state restaurate a Cinecittà. Grazie a questi fotogrammi, sono riuscito ad apportare un valore aggiunto al film: come eravamo, come erano i vecchi Facchini, come era Viterbo. Tutto questo ci aiuta ad entrare in una dimensione particolare e ben precisa, a comprendere che questa tradizione ha radici che affondano ben salde nella storia della popolazione di Viterbo. Questo risultato va interpretato come una certificazione per il turista più distratto, quello scettico per natura che potrebbe magari ridurre il Trasporto della Macchina di Santa Rosa a una mera attrazione turistica ed ancora, una risposta per la borghesia viterbese che lo vede con misticismo e sufficienza, definendolo un evento da popolino”.
Invece, è il caso di ribadire ancora una volta che questa tradizione è pulsante e viva, come asserisce il Presidente Massimo Mecarini presente in Teatro, portavoce all’unisono del Sodalizio: “Il Trasporto non è una delle tante esperienze che si incontrano nella vita, ma è l’esperienza della propria vita, che va di pari passo con le più importanti, come il matrimonio e gli affetti più cari. La vera essenza del Facchino è fede, volontà e forza, i capisaldi di un ruolo che si tramanda di padre in figlio. Proprio quest’anno, abbiamo celebrato il cinquantenario del fermo in via Cavour del primo Trasporto di Volo d’Angeli: sono stati richiamati i Facchini di allora ancora in vita: dopo cinquanta anni, si legge ancora nei loro volti e nel loro racconto il dolore per non aver potuto portare la Macchina sin davanti al Santuario. Il Trasporto è un’esperienza che ti porti dietro per tutta la vita, è indelebile”.
Allora, forse, lo scetticismo dei media deve adeguarsi, perché tutto ciò esiste e va documentato per noi Viterbesi e per tutto il resto del Mondo. Il regista Segatori aggiunge: “La diffusione del DVD è stata avviata su Viterbo ma siamo in trattativa con delle compagnie italiane ed estere per estendere l’offerta. L’intervento dello speaker nel film è molto minimale perché il racconto del Trasporto della Macchina di Santa Rosa ha in sé un’intrinseca forza audiovisiva. Per una mia scelta ben precisa in favore di una diffusione internazionale del filmato, i brevi dialoghi saranno sottotitolati in Inglese e Francese, consentendo una maggiore fruizione. Sono convinto che molte persone all’estero saranno affascinate da questo film e lo vedranno con una lieve venatura di invidia, perché da noi queste manifestazioni sono ancora vive e sono tutt’altro che mere scelte turistiche o folcloristiche. Il documentario ha infatti una duplice valenza spazio-temporale: gli obiettivi cardine sono sia la diffusione a livello mondiale sia la durata nel tempo. Il film non ricopre infatti una valenza meramente giornalistica, bensì è il racconto di un’esperienza che non scade, di una preziosa tradizione pluricentenaria”.
Il Presidente Massimo Mecarini, dopo la prima esclusiva proiezione del film, avvenuta alla presenza dei Facchini dieci giorni fa al Teatro dell’Unione, venerdì ha dichiarato: “sono stupito del risultato ottenuto: questo film è andato oltre la mia immaginazione; secondo me, è il primo lavoro a dare l’idea di quanto sia veramente grande la Macchina: fa rivivere il percorso, mette in evidenza lo sforzo che i Facchini sono chiamati a sostenere, l’osmosi tra gli stessi e la Macchina e, ancora, i passaggi più ostici, le manovre millimetriche negli gli spazi più angusti, la soggettiva della statua. E’ sicuramente un film molto bello ed innovativo che ha sorpreso anche i Facchini. Fabio ha azzeccato la scelta delle immagini, dando idea di cosa veramente significhi portare la Macchina e cosa significhi essere un Facchino”.
Il colloquio è poi proseguito con un’ intervista a tre sul palco, con il regista, il Presidente del Sodalizio e un moderatore del quotidiano “Il Messaggero”. Quest’ultimo, tra i diversi spunti di dibattito, ha ricordato che il Trasporto del 2017 ha raggiunto cifre record di visualizzazioni e condivisioni sui canali social e ha poi invitato entrambi i suoi interlocutori a riflettere sulla tematica della spettacolarizzazione del Trasporto, per capire se il comportamento dei protagonisti, i Facchini, sia in qualche modo alterato dall’essere sempre più sotto i riflettori.
La risposta di Segatori: “non trovo dicotomia tra spettacolo ed emozione genuina, il grande spettacolo è per me quando si riesce a trasmettere emozioni, sta nella bravura dell’essere il più possibile trasparenti, donando voce propria ad un evento. La tecnica non si deve vedere: la forza della Macchina di Santa Rosa sta nell’esperienza collettiva.”
La risposta di Mecarini: “La crescente attenzione mediatica nei confronti dei Facchini non cambia nulla in loro. Le loro facce che siamo abituati a vivere e vedere nel giro delle sette chiese e poi al boschetto, cambiano, dopo il discorso del Capo Facchino cambia la loro espressione perché sono consapevoli di cosa andranno a fare. Testa e cuore restano focalizzati sulla missione, che è quella di portare Santa Rosa a casa. Le tante telecamere intorno, ovviamente, impegnano di più il Sodalizio, ma è soltanto una questione di organizzazione a tutela della sicurezza. Noi Facchini siamo pronti al sacrificio, purché giovi ad aumentare la visibilità della tradizione che è la sera del 3 settembre”.
È stato poi lasciato spazio alle osservazioni e alle domande da parte del pubblico. Si è riflettuto sull’estensione della tradizione da locale a globale, per far vivere la tradizione del Trasporto della Macchina di Santa Rosa oltre i confini di Viterbo, 365 giorni all’anno, giungendo al culmine nella serata del 3.
Sicuramente le nuove generazioni sono più consapevoli delle potenzialità di Viterbo e della sua tradizione, risponde il regista, il quale confida che andare via da Viterbo, è stato per lui fondamentale per definirne l’autentica e profonda appartenenza. Con questo film, è convinto di contribuire in qualche modo al cambiamento; lo afferma citando J.F. Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese”. Il prossimo passo sarà parlare alla Regione Lazio, presentare il documentario e chiedere supporto per la sua diffusione. Si prevede che, per la Regione, sulla base delle linee guide di Ravera, Zingaretti, sosterrà la promozione di tutto questo, soprattutto perché si punta molto al decentramento dei flussi turistici fuori Roma, con la conseguente creazione di nuovi poli d’interesse.
È poi il turno di Mecarini che aggiunge: “dopo il riconoscimento UNESCO a Baku nel 2013 e la partecipazione ad Expo Milano 2015, la manifestazione ,da evento localizzato e circoscritto, sta sempre più travalicando i confini viterbesi e questo documentario sarà un ulteriore passo per diffonderne ed amplificarne la conoscenza”.
Si è poi parlato della possibilità di costruire un Museo per le Macchine (sono 5 quelle integre e conservate, che potrebbero essere esposte), insieme a mini-macchine, filmati, foto e particolari documenti dei trasporti precedenti, conservati dal Sodalizio dei Facchini. Il museo fisico risulta però avere un costo elevato ed è pertanto di difficile realizzazione, ma allo stesso tempo è un progetto che non deve essere sottovalutato né tantomeno messo da parte, anzi è una strada da percorrere. Per il momento, uno degli obiettivi più fattibili (considerando i costi più contenuti) sarà quello di realizzare un museo virtuale, per il quale un ruolo fondamentale sarà ricoperto dalle Istituzioni.
Tra le ultime considerazioni discusse con il Presidente Mecarini, è emerso che, oltre alle scuole materne ed elementari, anche le nuove generazioni, in particolare quelle delle scuole superiori, tra cui l’ITC P. Savi, stanno portando avanti un progetto di interviste all’ideatore, al costruttore e ai Facchini di Santa Rosa. Tra le domande più interessanti, quella sull’iter per diventare Facchino di Santa Rosa: lo Statuto prevede soltanto un limite di età per partecipare (18-35), ma non pone limiti di genere o cittadinanza: paradossalmente, se una donna dovesse superare la dura prova di portata, potrebbe diventare Facchino di Santa Rosa. Ricorda lo stesso Presidente: “nel 1983, una ragazza, un’atleta, provò a fare i tre giri previsti dal percorso di prova sostenendo la cassetta di 150kg: riuscì a completarne uno. Quando una donna supererà la prova di portata, se non cambierà lo Statuto, il Sodalizio la arruolerà di diritto nella formazione”.
Segue una domanda da parte del pubblico al regista Segatori: “Qual è stato il momento che ti ha emozionato di più nel realizzare Lo sguardo di Rosa?”. La risposta del regista: “In verità, quando si è coinvolti in un processo artistico, si entra in una specie di trance l’emozione scompare; l’emozione viene prima, poi quando lavori devi fare le cose giuste nei tempi giusti: coordinare quindici telecamere non è stato facile e ho dovuto agire con la pesantezza di una spada per fare quello che avevo previsto, non ho avuto il tempo di emozionarmi. L’unico momento in cui mi sono lasciato andare è stato quando ero accanto al capo tecnico dei costruttori , il quale all’1:30 di notte è andato a smontare la telecamera predisposta per lo sguardo di Rosa. Avevo posizionato due dispositivi e uno non aveva ripreso. Ma quando ho preso in mano quella telecamera piccolissima, nel mio palmo come un topolino, ho sentito che era bollente, ero certo che avesse funzionato. La conferma è arrivata quando poi ho visionato le riprese, ho allora tirato un sospiro di sollievo, ho sorriso e ho detto ok, abbiamo lo sguardo di Rosa. Sono poi andato a dormire, erano giorni che non lo facevo serenamente”.
Il moderatore ha poi chiesto al regista Segatori se, tra tutto il materiale scartato, ci sia altro interessante, magari per un post-documentario. Il regista ha risposto: “c’è molto materiale ed è molto bello, anche l’intervista al calciatore Bonucci è molto interessante e bella perché, a differenza di come siamo abituati a vederlo ed ascoltarlo in tv con la sua maschera da combattente, io ho voluto condurlo su una dimensione intima e privata, l’ho connesso alla sua dimensione infantile e lui è stato al gioco, è stato molto carino e aperto: la sua intervista è molto tenera e sincera, un Leonardo certamente inedito, l’opposto di come noi tutti siamo abituati a vederlo. Durante l’intervista, è emerso che il talentuoso Leonardo è andato via da Viterbo in età giovanile per giocare nelle squadre di serie A. È un ragazzo che ha molta nostalgia di Viterbo e descrive Viterbo come una città unica, dalle grandi potenzialità, in parte ancora inespresse. Questa intervista è una cosa molto preziosa”.
Il regista Segatori, già forte del successo del suo documentario “I gladiatori del calcio” dedicato al calcio storico fiorentino e diffuso in ben 106 Paesi, ha definito il suo 2017 come l’anno dei documentari. Oltre “Lo sguardo di Rosa”, è infatti impegnato nelle proiezioni in giro per l’Italia del suo lavoro condotto a Matera su Gerardo Guerrieri, sceneggiatore e uomo di teatro italiano.
Viterbo si stringe attorno al regista Segatori, nella speranza che anche questo lavoro sia un grande successo e che riesca a promuovere il Trasporto della Macchina di Santa Rosa dentro e fuori dai confini viterbesi e nazionali.