Federica Marchetti
NewTuscia – Nell’anno del centenario della nascita di Carlo Cassola (1917-1987), abbiamo riletto uno dei suoi romanzi più intensi, Un cuore arido che, sebbene dimenticato come il suo autore, non dimostra affatto i suoi 56 anni.
Tra l’ottobre del 1960 e il gennaio del 1961 Cassola, che ha abbozzato il romanzo, abbandona l’idea poi, alla fine di febbraio la riprende e, dopo tre mesi di vigorosa stesura, a ottobre Un cuore arido esce per Einaudi. Dopo il successo, il trambusto, il Premio Strega e le polemiche de La ragazza di Bube, atto finale della sua letteratura impegnata (almeno quella legata alla Resistenza), Cassola vive un momento di felicità creativa ritrovando il sentimento dell’esistenza a cui dedica una nuova fase produttiva. La spontaneità e l’ispirazione segnano la rinascita e sono evidenti nella scrittura di getto che caratterizza Un cuore arido. È un ritorno alle origini a cui egli dedica la ripresa dei temi e dello stile delle prime opere “subliminari” quelle ingenue e sincere senza orpelli. Finalmente dopo tanti anni di ricerca Cassola esprime la sua anima e approda al libro definitivo. Tutto parte dall’intuizione e dal ritorno alle origini per una storia che Cassola confessò essergli stata ispirata dalla visione di una donna seduta da sola sulla spiaggia di Marina di Grosseto. Il personaggio di Anna Cavorzio, indimenticabile protagonista del romanzo è quindi ispirata da una donna reale per la quale l’autore prova profonda riconoscenza.
Chiusa la parentesi dell’impegno, con Un cuore arido Cassola ritrova dunque il suo passato. Lirico, solitario e nostalgico qui ripropone la lezione già affrontata nei racconti giovanili, Le amiche” del 1949 e “Rosa Gagliardi” del 1956: da questa angolazione Un cuore arido potrebbe essere considerato come preistoria delle antiche protagoniste. A differenza dei romanzi fabbricati (come Fausto e Anna e La ragazza di Bube) qui Cassola, animato dalla forza di quei primi scritti, supera lo schema narrativo naturalistico adottato finora e ritrova la sua immaginazione lasciandosi andare all’ebbrezza della scrittura. Iniziando dalla prima scena in cui la protagonista è seduta da sola sulla spiaggia realizza il romanzo più intenso della sua intera produzione. In tre mesi egli scrive di getto la storia assillato dalle correzioni e dalle revisioni. Il 23 ottobre 1961 il romanzo esce: prezzo £ 2.000, in copertina una testa disegnata in matita da Amedeo Modigliani, il risvolto di Calvino. Il titolo che piace all’editore è ambivalente ed ironico: gli sarà rimproverato perché esprime un giudizio. Avrebbe voluto intitolarlo Storia di Anna ma aveva già pubblicato Fausto e Anna e non avrebbe potuto ripetere quel nome qui attribuito ad un’altra Anna. D’altra parte il nome era insostituibile e imprescindibile dalla natura essenziale della giovane.
La protagonista indiscussa, maestosa e indimenticabile del romanzo è il più bel personaggio femminile di Cassola: Anna Cavorzio, una diciottenne realistica alla quale l’autore attribuisce un nome (già usato abbondantemente: in ogni sua opera finisce per esserci una Anna) in armonia con la sua natura. Ella non sogna l’amore, pensa che se ne parli troppo e ha i piedi per terra. È padrona della sua vita, non si lascia condizionare dalle regole della società né dalle aspettative della famiglia ma decide da sé come comportarsi e capisce che la felicità dell’amore sta tutto nella sua attesa. La voce rauca, gli occhi verdi, i capelli bruni e “tagliati corti con la frangetta”, “la linea arcuata delle sopracciglia, ben modellato il naso, disegnate con nettezza e in rilievo le labbra”.
Ma ecco, finalmente, la trama del romanzo.
Negli anni ’30 (il romanzo va dal 1931 al 1934) a Marina di Cecina la giovane Anna Cavorzio vive in paese con la zia e sua sorella Bice: tutte e tre lavorano come sarte e trascorrono le loro esistenze senza clamore. I villeggianti d’estate, le gite al podere dei Bertini, le timide chiacchierate con la cugina Ada, l’eterno corteggiamento di Enrico, i militari di passaggio e l’arrivo di Mario, un soldato che si fidanza con Bice ma che, in segreto si innamora di Anna. La ragazza, apparentemente scevra da sentimenti, ricambia il ragazzo e segretamente i due vivono una relazione clandestina. Libera nei sentimenti e nei pensieri Anna si concede sulla spiaggia anche sapendo che non durerà. Mario, congedato, parte per l’America. La sorella Bice può ufficialmente disperarsi mentre Anna trova rifugio in una storia segreta con Marcello che incontra a Livorno. Bice si fidanza e si sposa con Enrico. Mario scrive ad Anna dall’America e le propone di sposarlo ma la ragazza, lasciato Marcello, sebbene amerà Mario per sempre, rifiuta e resta sola, “soddisfatta, quieta e saggia” ad ammirare dalle sue finestre la vita che passa.
L’inaridimento di Anna, preceduto dall’amore e dal dolore, ha lasciato il posto ai ricordi che diventano un rifugio. L’aridità del titolo è nella scelta di vita che si lascia scorrere accettando il lavoro, l’amore quando si può, il tempo che passa, gli eventi, un attimo di felicità. E, al pari di Anna, tutti i personaggi del romanzo potrebbero essere considerati aridi: Mario che si fidanza con Bice ma ama Anna, Bice che pur di sistemarsi accetta Enrico, Marcello usa le donne per passioni passeggere, Bertini, l’anziano parente che cerca di insidiare Anna. L’unica a salvarsi dall’aridità è Ada, la cugina che ha perso una mano nella trebbiatrice e che troverà la sua strada in seguito (nel romanzo Storia di Ada). Qui il mare e la campagna da sfondo si trasformano in veri e propri comprimari dei personaggi, restituiti con decise pennellate che richiamano alcuni quadri dei pittori toscani.
Anna ritornerà, quindicenne, in Tempi memorabili (del 1966) insieme alla combriccola di Marina, sua sorella Bice, l’amica Lisa, lo sfrontato Enrico e quel Fausto che è il personaggio più autobiografico dell’intera produzione di Cassola. Proprio in questa breve storia l’autore, per bocca del giovane Fausto (che se ne è perdutamente innamorato), è scritta l’apoteosi del suo personaggio femminile più incisivo (molto più della Mara de La ragazza di Bube). Nel 1985 Cassola riprende le fila di Un cuore arido e ne scrive il seguito, Le persone contano più dei luoghi che sarà la sua ultima opera.
Carlo Cassola è nato a Roma nel 1917 e morto a Montecarlo di Lucca nel 1987, ha vissuto quasi 70 anni di cui 42 dedicati all’attività letteraria, dal 1942 al 1984; ha avuto 3 mogli, una figlia (Barbara nata nel 1952); ha scritto 28 romanzi e un’ottantina di racconti, ha vinto premi prestigiosi tra cui lo Strega nel 1960 con La ragazza di Buba e il Bancarella nel 1976 con L’antagonista. Laureato in Giurisprudenza, partigiano, insegnante di Storia, Filosofia e Pedagogia, appartenente al gruppo politico “Unità d’azione” che confluirà nel Partito Socialista, antimilitarista e pacifista, alla fine della sua vita si avvicina al Partito Radicale.
Il 2017 è l’anno di Carlo Cassola: a 100 anni dalla nascita e a 30 dalla morte, l’autore è il primo della lista dei più dimenticati della letteratura italiana, anche più di Ignazio Silone, di Vasco Pratolini, di Cesare Pavese, di Giovanni Bassani, di Luciano Bianciardi, di Elio Vittorini.
Oggi è ingiustamente dimenticato ma quarant’anni fa Cassola è stato uno scrittore popolare che potrebbe ancora attrarre tanti lettori grazie all’intensità delle sue opere. Di fatto, egli è un autore antico, nell’accezione positiva del termine: i luoghi, le metafore, le tematiche, i personaggi, le atmosfere e ancora il tratto essenziale, la passione genuina, la tensione, la spiritualità, le scelte: tutto si fonde nel passato con sfumature oniriche. In Cassola è presente un corollario che dimostra come l’autore non abbia mai accettato condizionamenti stilistici né concettuali. Maestro della narrativa essenziale, artista anticonformista e controcorrente, pagò a caro prezzo questa sua scelta libera e fu isolato e dimenticato, già in vita, persino dai suoi stessi colleghi scrittori.
Si parlerà di Carlo Cassola e di Un cuore arido venerdì 19 maggio alle ore 18 alla Libreria La Vita Nova di Tarquinia. Con letture di Francesca Ventura.