A cura della d.ssa Gioia Nibbio
(NewTuscia) – Oggi tutto è visibile, pubblico, condiviso.
Luoghi, eventi, persone ma soprattutto emozioni. I social diventano un palcoscenico dove recitare la propria parte, dove canalizzare le nostre frustrazioni, i nostri successi per dimostrare all’altro e a noi stessi il nostro valore.
Tutto questo sfocia spesso in una vera e propria dipendenza, in un bisogno sfrenato di dare spettacolo, di veicolare emozioni, spesso negative verso gli altri, celate dietro il buonismo e l’ipocrisia della rete.
L’emozione che viene espressa in maniera disfunzionale e talvolta distruttiva è prevalentemente la rabbia .
Spesso questa emozione viene proiettata sugli altri : datori di lavoro, colleghi, immigrati, amici, politici.
Ignoriamo quanto la rabbia scaturisca da dinamiche profonde che fanno parte di noi senza assumerci la responsabilità dei nostri comportamenti .
In questo modo la alimentiamo sempre di più veicolandola in maniera distruttiva.
La rabbia è un sentimento primordiale che deriva dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova, ha dunque una funzione adattiva; risulta funzionale se finalizzata a proteggerci da uno stimolo pericoloso che genera in noi frustrazione .
Si parla di rabbia disadattiva quando causa notevole sofferenza e compromette le relazioni sociali e individuali.
E’una emozione fondamentale per l’affermazione di sé; prendere consapevolezza di questo e trasformarla in dissenso costruttivo anche sui social è un modo per prendersi cura di noi .
E’ dunque importante, soprattutto per quanto riguarda gli adolescenti, educare all’uso consapevole della rete .
I social sono un valido strumento per rimanere in contatto con gli altri o con dei gruppi verso i quali abbiamo interesse,per condividere contenuti e scambiare idee, per informarci e conoscere.
Gli adulti dovranno cercare nella quotidianità di avere un occhio attento ai comportamenti dei propri figli, vigilare sul comportamento dei ragazzi dopo la navigazione in internet o dopo l’uso cospicuo dello smartphone .
Anche la scuola ha un ruolo importante nella prevenzione e nell’interpretazione dei segnali di cyberbullismo e violenza in rete.
L’attenzione deve essere rivolta all’educazione ai sentimenti e alla pro socialità e non soltanto all’acquisizione dei contenuti.
Nonostante ci rendiamo coscienti delle enormi potenzialità dei mezzi tecnologici, anche e soprattutto per sentirci vicini agli altri, resta necessario recuperare la narrazione di sé, del proprio gruppo e del mondo, come modalità propria per la costruzione dell’identità.
Non possiamo dimenticare che la cultura e le emozioni si trasmettono grazie al linguaggio e alla presenza di fronte ed accanto all’altro .
Rimane assoluta ed irrinunciabile la necessità di accogliere l’altro nell’ambito di relazioni interpersonali sane e risananti, che mirino a riscoprire la potenzialità terapeutica della relazione umana offline, sebbene la virtualità dia il suo significativo contributo a non sentirci soli.
La tematica del cyberbullismo verrà approfondita nel prossimo articolo.
Dott.ssa Gioia Nibbio
Psicologa clinica ,Psicoterapeuta in formazione presso la scuola di Psicoterapia Umanistica –Integrata ASPIC , sede di Roma .
Collabora con la sede ASPIC di Viterbo e svolge in forma privata attività di consulenza e diagnosi psicologica .
Per domande o consulenze :
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