Stefano Stefanini

Il presidente del consiglio, Matteo Renzi
(NewTuscia) – VITERBO – In una delle domeniche tra il 20 novembre e l’11 dicembre (date probabili, che deciderà il governo a breve ) saremo chiamati come elettori “sovrani”, come ribadito dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ad esprimere un “si” o un “no” alla seguente domanda del referendum consultivo sulla riforma costituzionale :
“Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016? “
Si tratta di un importantissimo momento di partecipazione politica da parte dell’elettorato, da cui deriveranno novità fondamentali per la democrazia, la rappresentatività del voto dei cittadini e l’efficienza dei sistemi istituzionale ed amministrativo del nostro Paese.
La Corte Costituzionale, secondo quanto dichiarato recentemente dal suo presidente Paolo Grossi si dovrebbe esprimere sull’ammissibilità dei ricorsi presentati contro la legge elettorale “Italicum” il 4 ottobre prossimo, con effetti sul Referendum costituzionale, in quanto le riforme costituzionali vanno lette e coordinate con il nuovo sistema elettorale.
L’auspicio che ci sentiamo di esprimere come giornalisti impegnati, per quanto nelle nostre possibilità, per il corretto svolgimento del responso popolare è quello che i cittadini siamo messi nelle migliori condizioni di esprimere in modo informato e consapevole il loro si o il loro no sulle “conseguenze pratiche” dei quesiti su:
– bicameralismo paritario tra Camera dei deputati e Senato della Repubblica,
-riduzione del numero dei parlamentari,
-contenimento dei costi delle istituzioni,
-la soppressione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro,
– la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
Del resto il giurista e costituzionalista prof. Stefano Rodotà ha recentemente auspicato: “L’informazione corretta, non falsificata, è premessa indispensabile per il voto consapevole dei cittadini, e chi ha le conoscenze necessarie deve metterle a disposizione di tutti”.
Avremo modo nel periodo di campagna referendaria di approfondire le delicate questioni sul tappeto, dibattito che si annuncia fin da ora intensa ed aspra per la posta in gioco e ci auguriamo i dibattiti già organizzati dai vari Comitati siano costituzionalmente trasparenti e motivati nelle argomentazioni proposte agli “elettori sovrani”.
Scorriamo insieme le motivazioni sinora addotte dai fautori del si e del non al quesito referendario.
Le ragioni del SI
- Superamento del bicameralismo paritario: l’Italia cesserà di essere l’unico paese europeo in cui il Parlamento è composto da due camere eguali, con gli stessi poteri e praticamente la stessa composizione. Il superamento del cosiddetto “bicameralismo paritario” servirà per ridurre il costo degli apparati politici e per rendere l’attività del Parlamento più rapida ed efficace. La Camera dei Deputati darà e toglierà la fiducia al governo, il Senato rappresenterà prevalentemente le istanze e i bisogni di comuni e regioni.
- Per avere leggi in tempi più rapidi: I fautori del SI al Referendum confermativo precisano: troppo spesso i cittadini hanno atteso per anni riforme e risposte concrete, che sembravano non arrivare mai. Se vincerà il Sì, finalmente le proposte di legge non dovranno più pendolare tra Camera e Senato, nella speranza che prima o poi si arrivi ad un testo condiviso fino alle virgole. Tranne che per alcune limitate materie, di norma la Camera approverà le leggi e il Senato avrà al massimo 40 giorni per discutere e proporre modifiche, su cui poi la Camera esprimerà la decisione finale. Più velocità non significa “più leggi”, ma risposte più tempestive da un Parlamento più credibile.
3.Per ridurre i costi della politica: verrà ridotto il numero dei parlamentari, perché i senatori elettivi passeranno da 315 a 95 (più 5 di nomina del Presidente della Repubblica) e non percepiranno indennità; il CNEL verrà abolito, e con esso i suoi 65 membri; i consiglieri regionali non potranno percepire un’indennità più alta di quella del sindaco del capoluogo di regione e i gruppi regionali non avranno più il finanziamento pubblico; le province saranno eliminate dalla Costituzione. La riduzione di costi e “poltrone” restituirà credibilità alle istituzioni.
- Maggiore partecipazione dei cittadini: la democrazia non si riduce solo al momento del voto, ma è un insieme di strumenti nelle mani dei cittadini per esprimere idee, proposte e bisogni. Con la riforma, la democrazia italiana diverrà autenticamente partecipativa: il Parlamento avrà l’obbligo di discutere e deliberare sui disegni di legge di iniziativa popolare proposti da 150mila elettori; saranno introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo; si abbassa il quorum per la validità dei referendum abrogativi (se richiesti da ottocentomila elettori, non sarà più necessario il voto del 50 per cento degli aventi diritto, ma sarà sufficiente la metà più uno dei votanti alle precedenti elezioni politiche).
- Per chiarire le competenze di Stato e Regioni: la riforma chiarirà e semplificherà il rapporto tra Stato e Regioni: con l’eliminazione delle cosiddette “competenze concorrenti”, ogni livello di governo avrà le proprie funzioni legislative. Si eviterà finalmente la confusione e la conflittualità tra Stato e Regioni che ha ingolfato negli scorsi 15 anni il lavoro della Corte Costituzionale.
Materie come le grandi reti di trasporto e di navigazione, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia o la formazione professionale saranno di esclusiva competenza dello Stato. Alle Regioni, oltre alle competenze proprie (come l’organizzazione sanitaria, il turismo o lo sviluppo economico locale), potranno essere delegate altre competenze legislative. Sarà un modo per promuovere le Regioni più virtuose. - Per aumentare la rappresentanza degli Enti Locali in Parlamento e in Europa: il Senato diverrà il luogo della rappresentanza delle regioni e dei comuni, che potranno così intervenire direttamente nel procedimento legislativo attraverso i sindaci e i consiglieri che ne faranno parte. Per troppi anni, la loro limitata capacità di partecipazione alla formazione delle leggi dello Stato ha causato ritardi, conflitti e contenziosi. In più, il nuovo Senato dei sindaci e dei consiglieri sarà investito di una funzione molto importante: parteciperà alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea e ne verificherà l’impatto sui territori. E’ un compito decisivo, che consentirà all’Italia di rispettare “i patti”, di non commettere infrazioni e di evitare multe salate.
Le ragioni del NO al referendum
Secondo i Comitati per il NO, questa “riforma” – insieme agli effetti alla legge elettorale Italicum nella versione attuale – mette a rischio il principio costituzionale della sovranità popolare e la democrazia stessa.
“Le ragioni del no” si fondano anche sul contesto in cui nasce la “riforma” e il combinato disposto con la legge elettorale “Italicum”.
- Vediamo gli effetti della riforma secondo i Comitati per il NO, in primo luogo, in caso di vittoria dei Sì, grazie all’abnorme premio di maggioranza concesso dall’Italicum – nella versione attuale che potrebbe essere modificata dal Parlamento – alla Camera, tutti i poteri sarebbero concentrati nelle mani di una sola forza politica (anche con un consenso molto limitato) e del suo leader: questo modifica – di fatto – la forma di governo, passando da una democrazia parlamentare a una “democrazia plebiscitaria” o “di investitura”.
2.Altro argomento contrario: il Senato non sarà abolito, ma trasformato in un ramo del parlamento non eletto dai cittadini, né realmente rappresentativo dei territori, pur mantenendo notevoli funzioni legislative (tra cui nuove possibili riforme costituzionali) e partecipando all’elezione dei più importanti organi dello Stato, presidente della Repubblica, giudici della Corte Costituzionale e membri del Consiglio Superiore della Magistratura.
3.In materia della formazione delle Leggi, per i Comitati per il NO la Riforma presenta un testo, scritto male, a tratti incomprensibile e ambiguo, che complicherà enormemente, invece di snellire, l’iter delle leggi, senza portare, nonostante i proclami, significativi risparmi sui costi della politica.
4.Infine i Comitati per il NO l’Italia necessita sicuramente di riforme e revisioni anche costituzionali in senso maggioritario, ma nello spirito del “bilanciamento tra i poteri e del rafforzamento della partecipazione popolare e della rappresentanza. “ Elementi fondamentali che con l’Italicum non solo non vengono salvaguardati ma risultano al contrario mortificati. Basti pensare al mantenimento del “meccanismo per i capilista (si parla di 100 seggi) che restano nominati dalle segreterie dei partiti e che di conseguenza, salvo una piccola parte, privano i cittadini del potere di scegliere i loro rappresentanti.
I fautori del NO sostengono che con l’Italicum e la Riforma della Costituzione sinora delineata da Renzi e dalla maggioranza governativa, con le eccezioni della minoranza PD, si continuerà ad avere un Parlamento prevalentemente di nominati e non di eletti e un sistema assurdo che vale per la maggioranza e, paradossalmente, risulta ancor più stringente per l’opposizione, in netto contrasto con le indicazioni date dalla Corte costituzionale, che si pronuncerà sulla legge elettorale “Italicum” prima del Referendum costituzionale di novembre o dicembre prossimi.
Il presidente del consiglio, Matteo Renzi